Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/133

Da Wikisource.

121


Venite adunque, figliuoli miei, venite, o mia figlia, ch’io vi abbracci, e vi dia i primi pegni dell’affetto mio e della paterna mia tenerezza.» E qui alzossi, ed abbracciati l’un dopo l’altro i giovani, mescolando le sue alle loro lagrime: «Ciò non basta, figliuoli miei,» disse, «bisogna pure che vi abbracciate fra voi non come figli dell’intendente de’ miei giardini, al quale avrò l’eterna obbligazione d’avervi conservata la vita; ma come figli miei, usciti dal sangue de’ re di Persia, di cui son persuaso che egregiamente sosterrete la gloria. —

«Dopo che i due principi e la principissa furonsi vicendevolmente abbracciati con nuova compiacenza, come il sultano desiderava, si rimise questi ancora a tavola, ed affrettossi a terminare il pranzo, finito il quale: — Figli,» disse, «voi riconoscete il vostro genitore nella mia persona; domani vi condurrà vostra madre: preparatevi a riceverla. —

«Salito a cavallo, il sultano tornò con tutta sollecitudine alla capitale, e la prima cosa che fece, appena smontato, entrando nel suo palazzo, fu di comandare al gran visir di far con tutta la maggior sollecitudine possibile il processo alle due sorelle della sultana. Queste furono arrestate, interrogate separatamente, messe alla tortura, convinte e condannate ad essere squartate, ed ogni cosa eseguita in meno d’un’ora.

«Firuz-Schah, intanto, seguito da tutti i signori della corte che trovavansi presenti, andò a piedi sino alla porta della grande moschea, e tratta la meschina egli stesso fuor della stretta carcere, in cui da tanti anni languiva e soffriva: — Madama,» le disse, abbracciandola colle lagrime agli occhi, nello stato miserando in cui era, «vengo a chiedervi perdono dell’ingiustizia che vi feci, ed a farvene la riparazione che vi devo. L’ho già cominciata col castigo di quelle