Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/253

Da Wikisource.

237


ed uno de’ miei schiavi: poco m’importa che sia contento o no.» Sì dicendo, afferrata la briglia della mula, fece condurre nel proprio palazzo la bella Behergiur (1) (era il nome della figlia d’Isfehend), e la sposò nel medesimo giorno.»


NOTTE CDXLVIII


— Lo schiavo negro ed i cavalieri, essendo tornati presso il visir, loro padrone, lo schiavo si gettò a’suoi piedi, e gli disse piangendo: — Signore, già da più anni voi servite il re Azadbakht con tutto lo zelo di cui siete capace, e nulla faceste di contrario ai suoi interessi ed a quelli dello stato; ma avete lavorato inutilmente: il re non ha per voi alcuna stima, nè riguardo alcuno pei vostri lunghi e fedeli servigi. — Che cosa significa ciò?» disse Isfehend; «e qual prova hai tu che il re non faccia alcun caso della mia persona e de’ miei servigi?» Lo schiavo raccontò allora al padrone quanto era avvenuto.

«Il visir, udendo la notizia, si sentì infiammato di sdegno, e risolse di vendicarsi dell’affronto ricevuto; radunò gran numero di guerrieri, e parlò loro così: — Il re Azadbakht non si contenta più delle donne componenti il suo serraglio; esso vi tratterà in breve come ha fatto con me, e s’impadronirà delle cose a noi più care. Non ci resta altro partito a prendere se non di abbandonare la corte, e ritirarci in luoghi in cui il nostro onore sia in sicuro. —

  1. O Behergianher, fulgido come il diamante.