Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/339

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ho udito, non vi sia dettato dall’amore e dall’attaccamento vostro per me; il consiglio che mi date è saggio, ma varie ragioni particolari mi indussero a tenere in questa circostanza una condotta diversa; il mio potere è troppo saldo per essere danneggiato dal ritardo dell’esecuzione di questo reo. Io potrei, se volessi, far perire una metà degli astanti; perchè adunque dovrei esitare a far morire un giovane che tengo in mio potere, ed il cui delitto è provato e merita la morte? Ma la gravità stessa del misfatto mi fa ritardare la sua punizione; io prolungo la vita del colpevole sol per poter rimproverargli il suo delitto, e farne sempre più vedere l’atrocità: reco sollievo con questi ripetuti rimproveri al mio risentimento ed a quello che tutto il popolo deve avere per l’oltraggio a me recato. —

«Allora Azadbakht fece venire in sua presenza il giovane.

«Io ho,» gli disse, «differito troppo a lungo il tuo supplizio; tutto il popolo mormora, ed il generale malcontento si fece intendere fino ai piedi del mio trono. Io devo oggi soddisfare la pubblica indignazione, e non voglio più udire i tuoi racconti.

«— O re!» riprese il giovane; «io sono causa, dite, che il vostro popolo mormori contro di voi; ma se il popolo parla di questo affare, lo fa ad istigazione dei vostri visiri; essi soli fabbricano e spandono le voci ingiuriose che vi giungono all’orecchio; ma spero che Iddio farà ricadere su di essi la toro perfidia e malvagità. Perchè il re dovrebbe affrettare il mio supplizio? Io sono nella sua mano, come l’uccello nelle mani del cacciatore: lo uccide se vuole, o lo lascia libero. Questo ritardo di cui si mormora non viene dal re, ma da chi è l’arbitro della vita o della morte. Se il momento della mia morte fosse fissato più presto, tutta la potenza reale