Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/431

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giorno e camminare la notte al chiaror della stella che deve servirgli di guida in mezzo alle tenebre. Sendo il sole al meriggio, si ferma; coll’aiuto del pugnale dispone lo scudo in modo da guarentirsi il capo dal sole, si corica sulla pelle della tigre, e si addormenta.

«Appena la notte stende il suo velo, si toglie dalle braccia del sonno, e mettesi in cammino. Il fazzoletto destinato a ricever la rugiada, attaccato al collo, gli svolazza sulle spalle: così può cavarsi la sete; ma come calmerà la fame? Più non gli rimangono che due radici, ed ignora quando la Provvidenza vorrà porgergli altri mezzi. Nonostante, si abbandona, cammin facendo, all’ammirazione del magnifico spettacolo che il cielo dispiega a’ suoi sguardi.

«Verso la mattina, esplorando in lontananza l’orizzonte, credè vedere un piccolo punto nero. — Infine,» disse, «la pianura che percorro ha un limite; appare un confine. Ciò che veggo è senza dubbio una montagna, o qualche ammasso di vapori che innalzansi sopra luoghi abitati. —

«Indarno Habib fa sforzi prodigiosi per avanzare verso il punto nero; quell’oggetto rimane sempre alla medesima distanza. Tormentato dalla sete e dalla fame, oppresso da cocente calore, si ferma, si corica, e la sua immaginazione, occupata in chimeriche speranze, gli procura ben presto un sonno benefico.

«La frescura della sera lo risveglia; si alza, e lusingasi, camminando tutta la notte, di raggiungere, al sorger dell’aurora, il punto sul quale stanno sempre fissi gli occhi suoi, ed in cui il suo cuore ha già riposta ogni speranza. Il sole viene a rischiarare i progressi d’un viaggio inaudito; ma mano mano che avanza, il punto nero sembra sempre nella stessa posizione in cui avevalo scoperto. Intanto Habib è senza calzatura: la sabbia infocata e l’ardore del sole gli