Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/466

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pericolo debbasi premunire. Mal si giudicherebbe di lui se si credesse sedurlo per mezzo della beltade, e le precauzioni ch’egli seppe prendere, lo rassicurano contro ogni specie di sortilegio. Di vero acciaio è il palazzo che occupa, nè vi si perviene se non passando sotto una volta tagliata a scarpello nel vivo masso, armata di punte di ferro, e sostenuta da una chiave che pende da un sottil filo: difesa questa che non può cedere ad incantesimi, nè alle arti d’alcuna sorta di magia. Così fidente Nisabic nelle proprie forze, esce dal palazzo, varca la formidabil volta, e corre incontro all’avversario; il gruppo da lui scoperto, inoltra verso terra, ed il cavaliere si slancia sulla sponda. Il mostro disprezza un simile assalitore: egli che è coperto d’armatura dalla testa a’ piedi, e che conobbe, consultando gli astri intorno alla sua sorte, come, per rendersi padrone di lui, sia d’uopo impossessarsi della sua casa d’acciaio. Gli pare impossibile che il nemico possa sfuggire al danno della volta misteriosa, e fosse pur tanto felice, non vi sarebbe mezzo alcuno per distruggere il forte, presso cui deve trovarsi dopo varcata la volta fatale.

«Nisabic, con in mano un’enorme mazza d’acciaio, presentasi ad Habib, e: — Chi sei tu, temerario?» gli grida; «qual follia qui ti tragge a terminare la vita? — Sono il cavaliere di Dorrat Algoase,» risponde Habib, «e vengo a castigare i ribelli a Dio ed a Salomone. — Vile insetto,» il genio furibondo ripiglia, e non hai che una vita da perdere, ed osi senz’armi insultare Nisabic! Muori della morte che serbo a’ miei schiavi.» E in pari tempo, con portentosa celerità, alza la clava, e la lascia cadere sul capo dell’eroe. Non oppone il principe a quel colpo se non la lama della scimitarra; ma terribile n’è l’effetto, chè la mazza sfugge all’altro di mano, e seco lo trascina nella polve. Il talismano lo abbaglia, vede che sta