Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/674

Da Wikisource.

264


riunirvi a lei e darvi i mezzi di punire l’indegno rapitore; il servizio che ci rendeste, ci fa un dovere d’impiegar tutte le nostre forze per aiutarvi in quest’occasione. —

«Ciò dicendo, il genio mandò un grido sì terribile, che la terra ne fu scossa, ed io durai fatica a tenermi in piedi. Essendo subito comparsa una truppa di gente armata, domandò loro se sapevano dove la scimia si fosse ritirata. — Ha fissata la sua residenza,» rispose un d’essi, «nella città di Bronzo, in quella città che il sole non illumina giammai de’ suoi raggi.

«— Abu Mohammed,» mi disse il genio, «ora vi darò uno de’ miei schiavi per condurvi, egli v’insegnerà i mezzi di ritrovare la giovane che sposaste, ma abbiate cura di non pronunciare il nome di Dio attraversando l’aria con lui, perchè questo schiavo è uno dei geni ribelli sommessi alla nostra potenza, e se, per caso, dimenticaste il mio consiglio, egli sparirebbe subito, e voi correreste pericolo di schiacciarvi cadendo. —

«Montai sulle spalle del genio ribelle, promettendo di fare la massima attenzione a quanto m’era stato prescritto; m’innalzò rapidamente nell’aere, e perdetti in breve d’occhio la terra: più non vidi che uno spazio immenso, ove gli astri, simili a gigantesche montagne, facevano intorno a me le loro rivoluzioni, e m’innalzai sì alto, che intesi distintamente i concerti degli angeli che cantavano inni ai piedi del trono dell’Onnipossente. La mia guida mi spiegò la natura e la proprietà degli oggetti che si offrivano alla mia vista da tutte le parti, intertenendomi di continuo del numero infinito delle cose create, per allontanare dal mio spirito l’idea del Creatore, e sforzandosi, coi suoi vani ragionamenti e discorsi, d’impedirmi di esprimere la mia ammirazione per ciò che vedeva, proferendo il nome di Dio.