Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/140

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tori e d’onde venisse. — Non mi fate interrogazioni, ve ne scongiuro,» rispose il giovanetto, e poichè non vi potrei rispondere. Sono orfano, e non so se appartenga al cielo od alla terra.» Nè il cenobita lo incalzò ulteriormente. Per dodici anni lo sconosciuto giovane servì il padrone con zelo ed attenzione indefessi, e ne ricevette in contraccambio lezioni in tutte le scienze, delle quali seppe sì ben approfittare, che divenne uomo compito.

«Un giorno udì alcuni giovani parlare della figliuola del sultano, vantarne l’avvenenza e dire che superava in vezzi ed attrattive tutte le fanciulle della sua età; e tali discorsi lo invogliarono di vedere una creatura sì perfetta. Tornato tutto pensoso dall’eremita, gli partecipò i sentimenti che l’agitavano. — Figliuolo,» sclamò il saggio, «che debbono mai fare uomini come noi accanto a fanciulle; specialmente presso alle figliuole dei monarchi? Noi dobbiam vivere isolati, non occupandoci mai delle cose di quaggiù.» Il vecchio fece all’allievo un lungo discorso per premunirlo contro le vanità di questo mondo e distoglierlo dal suo disegno; ma più sforzi faceva, e più trovava il giovane ribelle alla ragione ed ai consigli.

«Vivamente commosso del di lui stato e de’ progressi della sua passione, l’eremita gli disse un giorno: — Figliuolo, ti contenteresti tu di vedere una sola volta la principessa? — Lo giuro,» rispose il giovane. Il savio prese allora una specie di collirio col quale stropicciò gli occhi all’allievo, che divenne immantinente mezzo uomo e mezzo mostro, e gl’impose di andar così passeggiando per la città. Appena ebbe posto il piede nella via, un’immensa folla gli sì adunò all’intorno, guardandolo con alto stupore; in breve, il rumore di sì strano fenomeno si sparse per tutta la città, e giunse sino al sul-