Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/223

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ed uscito dalla moschea, messosi a vagare con passo vacillante per le vie, vide in fine un servo che gettava fuor di casa gli avanzi d’un lauto pranzo. Li raccolse Abu-Niut, e postosi in disparte, mangiò ciò che vi potè trovare di meglio, alzando gli occhi al cielo, e ringraziando l’Onnipossente di aver avuto pietà di lui. Il servo che l’osservava, commosso dell’infelice condizione di Abu-Niut e della di lui pietà, corse ad informarne il padrone, e questi, uomo compassionevole, cavate dalla borsa dieci pezze, ordinò al domestico di portarle al miserello. Il servo ne tenne una per l’incomodo, e portò il resto all’infelice viaggiatore, il quale, contato il denaro, ringraziò Iddio, ma in pari tempo osservò che, secondo le sacre scritture, avrebbe dovuto ricevere dieci monete per quell’una che dato aveva al mendicante. Il padrone, intese tali parole, fece venite Abu-Niut, e volle conoscerne le avventure, che quegli narrò fedelmente. Era colui un ricco mercatante, e rimase tanto allettato della pietosa semplicità di Abu-Niut, che volle essergli protettore, e lo alloggiò in propria casa. Scorsi alcuni giorni, il mercante, uomo esattissimo nell’adempire ai religiosi doveri, esaminò le merci, ne preso la decima parte e la diede al suo protetto, consigliandolo ad aprir bottega e tentare la fortuna nel commercio; consiglio che, seguito da Abu-Niut, riuscì sì felicemente, che in pochi anni divenne uno dei più ricchi negozianti della città.

«Or essendo un giorno seduto nel suo magazzino, vide un uomo coperto di cenci, magro e cogli occhi infossati, che chiedeva l’elemosina colle grida importune della miseria. Subito lo riconobbe per l’antico compagno di viaggio, ed impietosito alla vista del miserabile suo stato, lo fece chiamare, mandò a prendergli qualche cibo per appagarne i primi bisogni, ed indottolo a passare la notte in casa propria,