Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/230

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ne d’un genio convertito, che il Profeta mandò alla sua custodia. — Ed io,» rispose il compagno, «io sono al par di te disgraziato, chè quel musulmano medesimo scoprì le mie ricchezze, e le conserva a dispetto di tutti i miei sforzi per ricuperarle. Ma colmiamo questa infame cisterna, che dev’essere stata la causa di tutti i nostri guai.» Sì dicendo, dato di piglio a pietre enormi, le gettarono nella cisterna, schiacciandovi l’ingrato ed invidioso Abu-Niutin.

«Alcuni giorni dopo, il buon Abu-Niut, non vedendo tornare il miserabile compagno, andò alla cisterna, e vedutala colma, la fece sgombrare, e trovando il cadavere mutilato di Abu-Niutin, indovinò come fosse stato, colla sua perfidia, strumento della propria morte, talchè sclamò, con pietoso accento: — Non v’ha rifugio che nell’Altissimo: possa egli difenderci dall’invidia, che non torna funesta se non al disgraziato che n’è riarso! —

«Abu-Niut tornò alla capitale, dove, alcun tempo dopo, il sultano, alla sua morte, lo lasciò erede della corona. I mariti delle due sorelle maggiori di sua moglie gli contrastarono l’eredità; ma intendendo i ministri ed il popolo di far rispettare gli ultimi voleri del sultano, li costrinsero a rinunziare alle loro pretese ed a sottomettersi all’autorità di Abu-Niut, il quale rimase infine tranquillo possessore del trono, e visse felice in seno alla propria famiglia. —

«Soddisfatto il sultano di quei racconti, congedò i tre avventurieri, colmandoli di nuovi doni.»

L’alba non era ancor comparsa, e Scheherazade si accinse tosto ad un’altra novella.


AVVENTURE D’UN CORTIGIANO.


— Un emiro d’Egitto sentendosi una notte tristo ed affannoso, mandò a chiamare un suo cortigiano co-