Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/251

Da Wikisource.

233

bie d’oro, in ciascuna delle quali eravi un uccello superbo. — Di chi è questo bell’edificio?» chiese al compatrioita. — Del visir Sciamikh, il quale, per mettere sua figlia al sicuro dai capricci della sorte, l’ha relegata in questo luogo, ov’ei non viene che una volta all’anno per vederla e portarle le cose necessarie al suo uso ed al mantenimento delle persone di servizio.» Ins-al-Vugiud durò fatica a nascondere il suo giubilo; ma, frenatosi, disse tra sè: — Eccolo finalmente scoperto questo ritiro della mia diletta; ora posso sperare di rivederla!» Ma, aimè! il cielo per intanto aveva disposto altrimenti.

«Non potendo Vird-al-Ikmara immaginare che l’amante le fosse sì dappresso, ed incapace di sopportare più a lungo la schiavitù, erasi determinata di fuggire in quella medesima notte. Infatti, allorchè l’ombre circondarono il castello, coll’aiuto d’una corda di seta, formata colle sue vesti, si lasciò calare dall’alto de’ merli, e giunta a terra senza sinistro, si diresse in tutta fretta verso la sponda del lago, dove trovavasi una barchetta peschereccia. Il padrone di quella, vedendo una giovine coperta di gioie, la prese per un genio, e sulle prime si spaventò; ma rassicuratolo ella con bontà, acconsentì a prenderla nel battello; per riconoscere il servizio, la fanciulla gli fece il dono di qualche gioiello e lo pregò di condurla all’altra riva. Mise il pescatore alla vela, ed il vento fu per alcune ore favorevole; ma sorta d’improvviso una fiera burrasca, li minacciò per tre giorni dell’estremo sterminio e li trascinò ben lungi dalla loro direzione. Cessato infine l’oragano, il mare abbonacciò e fu vista la terra. Avvicinatisi alla costa, trovaronsi rimpetto ad una città grande e piena di abitazioni magnifiche, e quivi ancorarono sotto il terrazzo del palagio imperiale. Il sovrano di quel paese, di nome Dara, il quale stava in quel momento con sua figlia