Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/371

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Scheherazade terminava il lungo novellare, quando i primi albori già penetravano nel reale appartamento. Allora impetrò dal consorte la licenza di cominciare un altro racconto la notte successiva, cui s’accinse in fatti nel modo seguente:

NOTTE DCXLI-DCLXXXVII

STORIA

DI GIAMASPE E DELLA REGINA DE’ SERPENTI.

— Negli antichi tempi, eravi una volta in Grecia un savio celebre pel numero de’ suoi discepoli. Chiamavasi Daniele, e tutti gli altri savi greci erano usciti dalla sua scuola. Oltre a’ suoi discepoli, sperava che gli nascerebbe anche un figlio, avendo incinta la moglie; ma prima ch’ella mettesse alla luce il bambino che portava in grembo, Daniele fu d’improvviso assalito da un male violento, e sentì avvicinarsi l’ultimo istante. Gettò allora tutti i suoi libri in mare, non conservandone che cinque soli fogli, cui riempi d’una scrittura minutissima, e che contenevano la quintessenza di cinquecento volumi. Rinchiuse quindi i cinque fogli in una cassetta di legno di cedro, di cui consegnò la chiave alla moglie. — Sento,» le disse, «che non è lontano il momento di lasciare questo mondo. Dopo la mia morte, darai alla luce un figlio; chiamalo Giamaspe Kerim-Eddiu, cioè Giamaspe lo Splendore della Fede. Allorchè ti chiederà qual retaggio abbiagli lasciato suo padre, gli presenterai questi cinque fogli, ne’ quali raccoglierà