Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/375

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glia, vide i dodicimila seggi occupati da altrettanti serpenti, ciascuno luogo cento passi. Gli occhi loro, brillanti come carboni accesi, stavano fissi su di lui, ed allora un serpente, grosso come un elefante, gli si avvicinò, portando sul dorso un bacino d’oro, ed in mezzo a quel bacino un serpente brillante come il sole, e che aveva il viso di donna avvenente e piena di grazie. Quel serpente parlava benissimo greco e salutò Giamaspe. Avanzatosi in quella un altro serpente, prese il bacino dal dorso del mostro che lo portava, e lo depose su uno di que’ seggi; allora il serpente dal volto femmineo diresse agli altri un discorso nel loro idioma, e permise che sedessero. Voltosi poscia a Giamaspe, gli disse: — Non temer nulla da questi serpenti, poichè io ne sono la regina.» Quelle parole rassicurarono Giamaspe, che ripigliò tutto il suo coraggio allorchè i serpenti, per ordine della regina, gli presentarono uva, melagrani, pistacchi, noci e fichi. — Sii il ben venuto, o giovane,», gli disse la regina; «come ti chiami? — Giamaspe lo Splendore della Fede,» quegli rispose. — Mangia senza timore, Giamaspe,» ripigliò ella. Il giovane obbedì, e quand’ebbe finito, gli animali levarono la mensa. La regina lo pregò poi di narrargli la sua storia, il che ei fece in modo circostanziatissimo, ed avendolo ella ascoltato con attenzione, allorchè ebbe terminato il racconto, gli disse; — Rimanete ancora qualche tempo presso di me, affinchè vi racconti anch’io la mia storia, ch’è maravigliosissima. — Ho sempre amate le novelle,» rispose Giamaspe; «vostra maestà non ha che a cominciare.» E la regina principiò di tal guisa:

«— C’era una volta in Egitto un re potentissimo e pio, che aveva un figlio chiamato Belukia. All’ora della sua morte, egli adunò i grandi dell’impero, e dopo aver tenuto un bel discorso sulle vanità del