Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/419

Da Wikisource.

9


Giansciah sparse più lagrime che non avesse fatto fin allora, e ne aveva ben donde; solo, abbandonato, non sapendo qual via prendere, tornò sulla montagna. Per due mesi intieri, errò per le gole e nei burroni, cibandosi d’erbe odi radici selvagge. Giunto in fine all’estremità della catena di monti, gli si presentò, nel sito dove le strette si allargavano, una magnifica valle, in cui gli uccelli, i ruscelletti, i fiori ed i frutti proclamavano l’onnipotenza di Dio. Entrato in quella valle, si accostò ad un immenso padiglione che ergevasi sino alle nuvole. All’ingresso vide un vecchio col volto circondato da luce brillante, e che teneva in mano una clava di rubino. Salutollo Giansciah, ed il vecchio, invitatolo a sedere, gli chiese ciò che non gli si domandava certo per ia prima volta, cioè chi fosse, d’onde venisse e dove andasse.

«Il giovane non seppe frenare le lagrime ed i sospiri. — Tergete il pianto,» gli disse l’altro,«ed armatevi di coraggio» Nello stesso tempo gli presentò da reficiarsi. Riprese le forze necessarie per far il racconto delle proprio avventure, le narrò al vecchio; il quale ascoltolle non senza molta sorpresa, ed avendolo Giansciah pregato anch’egli di dirgli chi fosse ed a chi appartenesse quel padiglione: — Questo,» rispose,«apparteneva una volta a Salomone, il quale, come sapete, era il re degli uomini, de’ geni, dei quadrupedi e degli uccelli. Il padiglione era la sua uccelliera, ed io, vostro umile schiavo, ne governava la repubblica; al qual uopo aveami Salomone istruito nel linguaggio degli uccelli medesimi, e data su loro piena autorità. —

«Simile discorso avrebbe potuto calmare un cuore meno afflitto; ma il giovane non cessava di struggersi in pianto, e finalmente domandò la strada per ricondursi in patria» — Figliuolo,» rispose il vecchio, «voi vi smarrirete di certo, non essendo