Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/424

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tali parole un balsamo salutare sul cuore del giovane. L’epoca della visita degli uccelli giunse, e lo sceik Nassr andò a riceverli dopo aver ancora una volta rammentato a Giansciah i consigli già dati. Questi, recatosi nel padiglione del giardino, vi passò parecchi giorni nel crudele supplizio dell’aspettativa, abbandonandosi tutto intero al delirio della sua passione.

«In fine, udì un gran rumore cagionato da batter d’ali; erano le tre colombe, ciascuna delle quali avvicinatasi al bacino, spogliandosi delle loro penne, ed immergendosi nell’acque, fecero mille scherzosi giuochi. — Sorelle,» disse l'una, «non v’ha nessuno in quel padiglione che ne possa spiare? — Chimere!» rispose l’altra; «è il padiglione di Salomone che niuno, nè uomo, nè genio, ha dopo quel re abitato.» Ciò detto, continuarono a; ridere e scherzare nella vasca, dove brillavano come tre lune che si riflettessero nell’onda.

«Giansciah, che ne osservava; tutti i movimenti, ed aveva notato bene il sito dove avevano deposti i veli, slanciossi qual lampo per impadronirsi delle vesti della giovinetta che perdutamente amava. — Venite, beltà impareggiabile!» le disse; «venite, e mi renderete il più felice de’ mortali se mi permettete di trattenermi con voi. — Con grandissimo piacere,» rispose la giovine, chiamata Seems1, «ma prima restituitemi il mio velo. Non negate di usarmi questa compiacenza, luce degli occhi miei, gioia dei mio core! Datemelo, che mi vesta; poi verrò con voi, e staremo assieme. — No, mia principessa,» rispose egli,» non l’avrete prima del ritorno dello sceik Nassr. — Ebbene,» ripigliò quella, «se persistete a non rendermi la mia veste di piume, allontanatevi

  1. In arabo, sole.