Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/431

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ria incerta, e la perdita eguale d’ambe le parti. I due re, rannodate le truppe, passarono la notte sul campo di battaglia.

«La mattina appresso, Kefid percorse a cavallo le file de’ soldati, dicendo: — Non v’ha alcuno tra voi, miei bravi, che voglia lanciarsi in lizza, e sfidare i nimici a singolar tenzone?» Un cavaliere di smisurata statura, montato sur un elefante, scese a terra, e prosternatosi a’ piedi dei re, gli disse: — Io son l’uomo che vostra maestà domanda.» Allorchè Tigmos seppe la provocazione, gridò anch’egli alla testa delle sue schiere: — » Suvvia, miei bravi, chi di voi vorrà aver il piacere di far misurare la terra a quel villanzone, chiamato Berkik? — Io!» gridò un cavaliere, scendendo a terra e venendo a baciare i piedi del re; poi risalito a cavallo, inoltrossi verso il gigante. — Chi sei tu,» questi gli gridava,«che osi presentarti a sfidare la possa del mio braccio? — Sono,» gli rispose il cavaliere di Tigmos, «Gadankar il Bravo, così soprannomato per le mie gesta. — È vero,» replicò Berkik,«ho udito parlare di te altre fiate; ma sta in guardia.» A tai detti, Gadankar afferrò una mazza di ferro sospesa alla sella del suo cavallo, e Berkik sguainò una sciabola gigantesca. Dopo molte reciproche ferite e numerosi colpi ricevuti e parati d’ambo le parti, Berkik soccombette agli sforzi di Gadankar; ma il suo trionfo non fu lungo, chè avanzatosi di gran galoppo un cavaliere dell’esercito di Kefid: — Vengo ad insegnarti,» gridò,«a percuotere mio fratello e togliergli la vita.» Sì dicendo, scoccò contro Gadankar una freccia, che gli traversò la coscia destra, e lo costrinse a ritirarsi dal conflitto. Allora s’impegnò nuovamente la battaglia e divenne generale. Era spettacolo stupendo; suonavano le trombe, i nitriti de’ corsieri riempivan l’aria, volavano in ischegge le lance, la polvere s’alzava in vortici, il giorno