Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/438

Da Wikisource.

28


gli fu rivolta concerneva il palazzo di Diamanti. — Son nato sulla montagna di Cristallo, al di là della montagna di Hai,» rispose l’uccello; «quando i giovani miei fratelli ed io eravamo piccoli, i nostri genitori andavano ogni giorno in cerca di cibo. Una volta stettero lontani sette intieri giorni, talchè eravamo quasi morti di fame, e quando tornarono l’ottavo dì, avendo loro chiesta la cagione di sì lunga assenza, ne contarono che un gran demonio li aveva fermati nel loro cammino per condurli al palazzo di Diamanti, dove avevano avuto udienza dal re Scehlan e prestatogli omaggio. Ecco tutto quello ch’io so intorno a tal argomento; se mio padre e mia madre vivessero ancora, potrebbero dirvene di più.» A tale dichiaraziono, caddero in maggior copia al giovane le lagrime. — Ah! padre,» diss’egli al dervis, «ve ne scongiuro, comandate a quest’uccello di trasportarmi nel luogo di sua nascita sulla montagna di Cristallo, dietro la montagna di Kaf. — Uccello,» disse il mago, «fa ciò che desidera questo giovane. — Più che volentieri,» quello rispose; «intendere è obbedire.» Allora Giansciah gli montò sul dorso, e viaggiato a lungo per l’aria, fermaronsi sulla montagna di Cristallo, d’onde continuata la loro strada, giunsero alla fine al palazzo di Diamanti. Appena il re Scehlan fu istruito dell’arrivo del principe, ne provò grandissimo giubilo, e se lo fece sedere accanto sopra un trono; portarono acqua per lavargli i piedi, e fu tosto imbandita la cena. La madre di Scems ed anche Scems medesima vennero a salutare Giansciah, che trovossi allora al colmo de’ suoi voti. Fu prima Scems a baciare le mani al suo sposo e signore, e lo sorelle ne imitarono l’esempio. Il re Scehlan prese allora a parlare, e: — Perdonate,» disse, «la fatale storditezza di mia fglia che v’ha cagionati tanti guai. Eccovi ora in porto; di-