Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/509

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veramente dal mio sangue, poichè seppe conservare intatta la sua virtù tra le mani d’un miserabile ladronel» Fece poi dare a Toman una pelliccia d’onore con diecimila zecchini, e lo destinò governatore della città d’Isfahan.

«In breve il rumore della lieta novella si diffuse nel serraglio e per tutta la città, sollecitandosi ciascuno ad annunziarla onde raccoglierne una buona ricompensa. Da per tutto vedevansi persone vestite di kaftani ricevuti in premio della grata notizia. Si ripulirono le strade, ornaronsi le facciate delle case per l’ingresso solenne della principessa, e Scebur venne con tutta la corte incontro alla figlia. Quando Gharib, vide, il monarca, balzò da cavallo, e voleva gettarsegli a’ piedi; ma Scebur lo fece rialzare, e stringendolo tra le braccia, gli diede mille contrassegni della sua gratitudine per aver salvata dalle mani del gigante sua figliuola, comparsa la quale, egli si abbandonò a tutta la sua tenerezza; dopo que’ primi sfoghi dell’amore paterno, le disse: — Quanto riedi a proposito, o figlia! Il re Kharakhah, che ti aveva chiesta in isposa, ha testè mandato centomila zecchini per tua dote; tu sai quant’egli sia grande e potente. — Ma io non lo sposerò, » rispose con accento fermo la principessa; «appartengo a Gharib. — Mia figlia non ha torto, » disse il re, volgendo gli occhi su questi, «mia figlia non ha torto di amare codesto Beduino. Per la mia vita, non vidi mai giovane così compito!» Si diè uno splendido banchetto, finito il quale si fece trionfale ingresso nella città, in cui Gharib marciava a fianco del re, ed andò poi a sedere vicino al trono circondato da tutti i grandi della corte.

«— Tutti quelli che mi amano, » disse il re, «diano un abito d’onore a Gharib!» Appena aveva egli pronunziate quelle parole, che pellicce e kaftani caddero