Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/635

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sua schiava prediletta, vedendola così bella; poi diresse una quantità di complimenti in versi alla padrona, che la ringraziò, ed uscì per andar a ricevere Mesrur, ch’era già venuto.

«— Siete voi,» sclamò egli scorgendola, «oppure una delle celesti bellezze del paradiso?» Zein-al-Mevassif ordinò di servire il pranzo. Fu portata una tavola formata d’un sol pezzo d’argento1, e sulla quale vedeansi scolpite molte iscrizioni in versi. Si posero a mensa, e dopo aver mangiato, cominciarono a cantare ed a bere. — Mesrur,» disse Zein-al-Mevassif, «mangiaste il mio pane ed il mio sale: così mi siete ospite; non temete dunque che vi tolga la minima cosa: eccomi a rendervi tutto ciò che vi ho guadagnato. — Ah!» sclamò la schiava Hubub, «son lieta che cominciate a tornare in voi medesima! e vi giuro, che se la vostra precedente condotta avesse durato ancora, io non avrei più passata una sola notte in casa vostra. — Sta bene!» disse Zein-al-Mevassif; «eccomi a fare quello che brami; va intanto a prendere alcuni altri fiaschi di vino. —

«Tornarono di nuovo a bere, e Mesrur improvvisò una lunga tirata di versi, ne’ quali esprimeva sentimenti analoghi alla sua situazione; la giovane ne fu così incantata, che lo condusse in un gabinetto vicino, e vi giuocò con lui la partita di scacchi che gli aveva promessa. — Mio caro Mesrur,» gli disse poi, «la mia persona e le mie ricchezze sono tue; ormai tutto sarà tra noi comune: ecco la tua donazione, riprendi ogni cosa. Desidero soltanto di vedere il tuo giardino, se ne hai. — Certo,» rispose Mesrur,

    ziosa raccolta di poesie illiriche, intitolata la Guzla, comparsa qualche tempo fa.

  1. Le mense, presso gli Orientali, sono formate da una gran piastra rotonda di metallo, sulle quali non si serve mai che un sol piatto alla volta.