Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/728

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il dervis volesse permettersi, punendo colla morte la sua audacia. Allora li lasciò soli: ma il dervis rimase seduto al suo luogo, non facendo che piangere e sospirare. Intanto il giovane, rassicurato dalla promessa del padre, volle mettere l’ospite alla prova, e gli fece moine e qualche carezza; ma il dervis lo respinse, dirigendogli questi versi improvvisati:

««Il mio cuore è preso dalla bellezza umana, ma altro desio «non ha che di raggiungere l’apice della perfezione. L’amor mio va sciolto da tutto ciò che ai attiene ai sensi, ed abborrisco tutti quelli che amano in tal guisa.»»

«Testimonio nascosto di quella scena, il padre rientrò nella stanza, rassicurato intorno ai sentimenti del dervis, ai quale non dissimulò i sospetti in prima concepiti, e pregollo di manifestargli il motivo di quelle sue lagrime. — Ah! fratello,» disse il dervis, «perchè riaprire le mie ferite? Ascoltate la mia storia:

«Giunto una volta di venerdì nella città di Basra, trovai tutte le botteghe aperte e le merci in mostra, ma non c’era nessuno nelle case, nè nelle strade. Siccome aveva fame, presi adunque pane in una bottega, e miele e burro in un’altra, ed entrai in un caffè dove c’era ancora acqua sul fuoco. Non poteva rinvenire dalla sorpresa, vedendo la città così deserta ed abbandonata, senza sapere se gli abitanti fossero stati d’improvviso distrutti dalla peste, o si fossero dati alla fuga senza chiudere le case. Nel medesimo istante udii rumore nella strada, e vidi un corteggio di quaranta schiave, senza velo, che precedevano un superbo cavallo sul quale stava seduta una dama vestita d’abiti magnifici, adorni d’oro e di pietre preziose. La bellezza celeste di quella dama era tanto più abbagliante, che, al par delle schiave, non portava velo. Alla sua destra procedeva una schiava, con in pugno una sciabola, dall’elsa formata d’un