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e prime monete di venezia | 13 |
tore d’oriente, che fa arrestare il prelato e condurlo a Ravenna. Finalmente, nella celebre guerra di Pipino contro i Veneziani, questi dichiarano non voler essere sudditi dei Franchi, ma dell’imperatore romano di Costantinopoli1. Anche Carlo Magno nell’803 riconosce che sopra Venezia e le città di Dalmazia, che avevano serbato fede e devozione all’impero, egli non ha alcun diritto2, e promette di non molestarle, cose tutte confermate nel trattato di Aquisgrana nell’8103.
Il cumulo di tutte queste circostanze non può a meno di colpire chiunque non abbia il deliberato proposito di chiudere gli occhi; lo stesso Romanin, così tenero nel seguire la tradizione degli storici veneziani, conviene4 che Venezia era sotto la protezione dell’impero d’oriente con proprie leggi e propri magistrati, ed Agostino Sagredo con nobili parole proclama che si può ben confessare una mediata dipendenza antica, se l’indipendenza assoluta si acquista col sangue e colla vittoria.
Non è quindi strano che per tutta l’epoca in cui regnarono i Longobardi in Italia, e durante il regno di Carlo Magno, non si trovi moneta veneziana, e che, mentre abbiamo denari delle principali città italiane col monogramma o col nome di Carlo, manchino quelle di Venezia. Finché Venezia si considerò parte dell’impero romano d’oriente essa non potè battere moneta, perchè tale diritto a nessuno fu mai concesso dall’imperatore, e non si trovano monete autonome delle città sottoposte ai Greci: se mai si potesse citare qualche eccezione, essa sarebbe evidentemente una usurpazione, dovuta ai tempi in cui l’imperatore non aveva la forza di far rispettare le sue prerogative.
Sino a quest’epoca nessuna prova diretta ci può venire dalle monete, ma la loro assenza conferma l’opinione esposta
- ↑ Costantino Porfirogenito, De amministrando imperio, capite XXVII, ed. bononiensis, III, 122.
- ↑ Dandolo, nel Muratori, vol. XII, pag. 151. — Romanin, opera citata, I, 135. — Gfrörer, opera citata, pag. 64.
- ↑ Gfrörer, opera citata, pag. 73. — Romanin, opera cit., pag. 149.
- ↑ Romanin, opera citata, pag. 82 e segg.