Pagina:Le murate di Firenze, ossia, la casa della depravazione e della morte.djvu/53

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— Ma sapete che questa vostra vista penetrativa non mi va gran fatto a fagiolo? Non prima io concepisco un pensiero, che voi, voltati in là, e l’avete imbroccato netto. O bella questa!

Mentre il genio squacqueratamente se la rideva, io che aveva ritornati gli occhi sul ladro, lo viddi sempre più infuriare e dibattersi come un forsennato, perchè risvegliata la mia curiosità.

— Lasciam le baie, ripresi, e ditemi mai più perchè questo vecchiaccio ladro tanto si arrovelli e crucci.

— Lo avresti già saputo se tu fossi un po’ men ciarliero, un frèno. Tu vuoi che io tutto ti dica spalancatamente, e mi diverti poi e mi dilunghi sì dalla linea che io vorrei tenere, che il mio racconto si fa oltremodo prolisso.

— Avete ragione, non parlo più.

— Oh si tu se' proprio quello! Or sappi dunque che questo vecchio iniquo soffre oggi, vivente ancora, una parte di quelle pene che eternamente il crucceranno.

Egli vede che per sola avidità di guadagno, e per una vergognosa mira di interesse, ha sacrificata la sua figlia, la quale contrariata sempre in tutti i più cari affetti del suo cuore, trangosciata e oppressa l’anima del crudele e continuo tormento di vedersi in braccio a un uomo che non stima, perchè privo e manco d’ogni merito e virtù, che non ama perchè non stima, è fatta oggimai vittima dei molti affanni che la trambasciano, e dovrà presto soccombere alla fatale influenza di quel malore che da lungo tempo la rode e consuma.

Vede che il figlio è tale uno sciocco, che aperto gli mostra essergli stato dato da Dio a giusta punizione dei tanti furti commessi. Un insulso bamboccione che pargoleggia e si balocca, come tu vedi, quasi uno stupido e dementato fanciullo. Allevato e cresciuto fra le noie