Pagina:Le murate di Firenze, ossia, la casa della depravazione e della morte.djvu/61

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sua rea passione, e richiederla di amore. La giovane stomacata, inorridita a tale proposta, lo rigettò da sè altamente indegnata e offesa. Ma questo sozzo animale, che nient'altro sentiva che la sfrenata sua stallonaggine, non si tenne soddisfatto, nè volle così presto desistere dal reo suo proposito. Si finse ammalato, e mandò preci alla nipote perchè si piacesse visitarlo, e inteso come ella sarebbe a luì venuta, la stette attendendo risoluto di vituperarla. La giovane andò a veder lo zio, entrò nella di lui stanza, e fattaglisi appresso lo dimandò dì sua salute: costui balzò d’un tratto a terra, le si avventò addosso, e come una belva indomita, che null’altro senta e conosca che la violenza del libidinoso appetito, con ogni possibile sforzo tentò dì farla vittima di sue voglie infami. Se non che la giovane, donna di grande spirito e di coraggio, non cadde d’animo in quel punto, e accannatolo con quanta forza s’avea in corpo, siffattamente gli serrò la gola, che rimasto senza fiato, gli fu giuocoforza arrendersi e lasciarla libera. La giovane datogli a malgrado un forte urtone lo cacciò lungi da sè, e fuggì esclamando: mai più mi vedrete.

— Oh porco, iniquo, infame!

— L’erede venne alla luce e fu maschio. Questo gonzo menò gran festa e trionfo del suo vitupero; conciossiachè tu avrai qualche volta osservato i fabbri battere e mazzicare il ferro incandidito, ed avrai veduto sempre che vi impronta più profondo e marcato il colpo quello, che con più gagliardo polso e più pesante martello lo batte.

— Da quanto voi mi dite parmi intendere che il signorino vada ora raccogliendo alcuni di quei frutti, che esso fin qui seminò negl'altrui campi.