Pagina:Le opere di Galileo Galilei II.djvu/211

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208 avvertimento.

tali motivi non merita alcuna fede. Il codice r dà spesso buona lezione dove a ed in sono guasti, ma in altri luoghi si perde in istrani guazzabugli. Alcune forme dialettali, che vi si notano, inducono ad attribuirlo a copista romano; e sappiamo invero che il Nicolosi, a cui abbiamo visto che appartenne, dimorò a lungo in Roma. Assai più corretto degli altri è il codice c, anche se in qualche luogo abbia esso pure bisogno dell’opera critica: e mentre non presenta le arbitrarie mutazioni di m, ed è di età più antica che r, la tinta dialettale veneta, data qui al Trattato per opera del copista, è così leggera e superficiale che facilmente si può detergere. Poichè, dunque, quello che ci ispirava maggior fiducia era il codice c, lo abbiamo preso a fondamento del nostro testo; e soprattutto con la sua scorta abbiamo potuto correggere molti e gravissimi errori che correvano nelle stampe precedenti1, come potrà facilmente avvertire chi con queste vorrà confrontare la nostra: il medesimo codice c abbiamo seguito poi, e ben s’intende con le solite cautele ed eccezioni2, anche per quel che risguarda le forme linguistiche e l’ortografia3, preferendolo dopo qualche esitazione ad a, la cui toscanità, come sopra dicemmo, ci sembrò alquanto sospetta.

Registrammo poi, conforme al nostro costume, le più notabili varietà degli altri codici; non avvertendo però mai, sebbene fossero in istampe precedenti, le gravi differenze del codice m, persuasi e, possiamo dire, sicuri, come eravamo, che non sia da attribuir loro altra origine all’infuori dell’arbitrio del copista. E delle varietà offerte dalle stampe neppure ci occorse di tenere alcun conto: che F edizione principe, romana del 1656, la quale fa menzione di un manoscritto ch’era appresso «il Sig. Scipione Santronchet»4, mostra d’essere stata condotta sopra un codice assai affine ad r, il quale r sospettammo essere scritto a Roma ed in quelli anni medesimi; e nella raccolta Padovana delle Opere5, che fu la prima ad accoglier la Sfera, questa fu ristampata sul codice m, venendo però alterate alcune forme, o per arbitrio dell’editore, o per errori di lettura a cui il carattere, punto facile, del codice potè dar origine; e l’ultima

    «queste due parti principali de l’universo»; a pag. 216, lin. 22, «evidenza del moto possiamo» (dove dopo «evidenza» si legge, cancellato, «possiamo»); ecc.

  1. Qualche volta, come negli altri Trattati, ci fu d’uopo anche in questo emendare la lezione errata di tutt’e quattro i manoscritti. Citeremo a questo proposito il passo di pag. 217, lin. 19, dove non dubitammo di correggere «medesima osservazione» di tutti i codici, in «medesima oscurazione»; correzione richiesta dal senso, e confortata dallo scambio che anche in altri passi (p. e. a pag. 221, lin. 20) i codici fanno delle voci oscurazione ed osservazione.
  2. Non abbiamo, p. e., seguito il cod. c in certi casi in cui sostituisce (e talora, insieme con lui, anco i suoi fratelli) il futuro, specialmente nella prima persona del plurale (potremo, potremmo), al condizionale presente, o viceversa. Sebbene in qualche passo tale sostituzione sembrasse non assurda, tuttavia, studiando i vari luoghi comparativamente, ci siamo persuasi che dipendeva da solo vizio di grafia, e però non ne abbiamo tenuto mai conto.
  3. Rispettammo, conforme al nostro istituto, l’alternarsi di ecclissi e ecclisse, e la varietà del genere in questa voce. Mentre poi il cod. c dà costantemente ecclissi ed ecclittica, negli altri codici si incontrano anche eclissi ed eclittica. Noteremo ancora, per la storia di tali voci della scienza, che in luogo di zenit, costante (meno la prima volta, che è zenith') in c, altri codici leggono spesso zenitte.
  4. Avvertimento di Buonardo Savi al Lettore, premesso alla edizione.
  5. Tomo II, pag. 514-541.