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320 dialogo de cecco di ronchitti

despetto a la terra, te parse mò, que l’è na gran smeravegia?


Na. Mo se l’è così a comuò calela, in pè de crescere, la stella adesso?


Ma. A cherzo, que la vaghe dagnora pì in sù mi; e que ’l para che la cale, per que la ne và lunzi.

Na. Pian che el librazzuolo dise, que i primi dì, che la se vete la crescè on[Loren. cap. 1.] bel puoco1, se l’andesse in sù, la no ghe porae intrare; per que sempre la serae calà.

Ma. All’hora quellù dal libraizzuolo disea essere senza occhiale. Perchè mi à sè, que la prima botta che la viti la me parse grandenissema, e que sempre la xè colà, per muò de dire, de grandezza. tamentre ste reson no me perduse a mi, e si a faello, perchè quellù dal librazzuolo và massa fuora del sentiero, e si a ora pure tegnirlo in carezà.

Na. Orbentena, sinti an questa, el[Loren. cap. 4.] dise2, que no se pò zenderar gnente in lo Cielo, perque (diselo) el besognerae, che ’l ghe foesse di contragi, e che i no ghe pò essere, sipiando que l’è na quinta sunanza, ò sostantia; que segi mi?

sarebbe un leone o un elefante rispetto alla terra; ti pare egli dunque che la sia una gran meraviglia?

Na. Ma se la è così, o come mai cala ella, invece di crescere, la stella, adesso?

Ma. Io, per me, credo che la vada sempre più in su, e che e’ paia che la cali perchè la s’allontana.

Na. Piano; chè il libricciuolo dice che i primi giorni che la si vedette la crebbe un bel po’. Se andasse in su, e’ non potrebbe stare, perchè la sarebbe sempre calata.

Ma. Allora quello dal libricciuolo doveva essere senza occhiali. Perchè, per me, io so che la prima volta che la vidi la mi parve grandissima, e che sempre la è calata, per mò di dire, di grandezza. Ma queste ragioni non mi persuadono: e lo dico perchè colui dal libricciuolo va troppo fuori di strada; e sì che vorrei tenerlo in carreggiata.

Na. Or bene, senti anche questa. E’ dice che non si può generar niente nel Cielo, perchè (dice lui) e’bisognerebbe ch’e’ ci fossero dei contrari, e che e’ non ve ne può essere, sendo che l’è una quinta sommanza o sostanza, che so io?
9. un — 24. besognarae
  1. «Primieramente si vidde ella picciola, e poscia di dì in dì crescendo è divenuta in apparenza di grandezza, e di lume, non micha inferiore a Venere, et superiore a Giove, et a qual’si voglia delle stelle fisse, in guisa delle quali scintillante si vede, et nel suo sito fissa, et stabile, imperò che nè ordine, nè distanza dalle altre muta, et anchora apertamente avertesi che ha uno istesso movimento che hanno le altre fisse di hore 24 su li medesimi Poli da Levante in Ponente.» (Discorso, ecc., car. 3a v.)
  2. «è manifesto che la generatione, et corrottione si fa tra li contrari; imperciò che ’l mutamento delle forme è necessario, che si faccia per lo Agente, et forma contraria; Ma ’l Cielo è una quinta sostanza, et non ha contrario, adunque in esso, nè generatione, ne corrottione fassi; I Mathematici si conducono d’uno in altro ’nconveniente, e concedono, che nelli Cieli sia contrarietà, e perciò ne conviene disvelargli ogni dubbio; E’ cosa adunque manifesta, che i Contrari sono Corpi, che hanno l’uno all’altro qualità contrarie, cioè caldo o freddo, humido. o secco; e quindi Aristotele raccolse il numero de gli quattro Elementi; Per lo che, sendo nel Cielo contrarietà, si conchiude, ch’egli sia, o Terra, o Acqua, o Aria, o Fuoco, et eglino s’accordano in dir con Platone (tutto che non capiscono il parlamento di quel Philosopho intorno al fuoco immateriale) che ’l Cielo sia fuoco.» (Discorso, ecc., car. 7a v. e 8a r.)