Pagina:Le opere di Galileo Galilei II.djvu/382

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A I DISCRETI LETTORI.





La occasione di pratticar con tanti e tanti Signori grandi in questo nobilissimo Studio di Padova, per instituirgli nelle scienze matematiche, mi ha con lunga esperienza fatto conoscere, come non fu del tutto indecente la richiesta di quel gran discepolo, che da Archimede, suo maestro nella geometria, ricercò strada più facile ed aperta, che all’aqquisto di quella lo conducesse: imperò che anco in questa età pochissimi sono a i quali gli erti e spinosi sentieri, per i quali passar bisogna prima che all’aqquisto de i preziosi frutti di queste scienze pervenir si possa, non rincreschino, o che spaventati dalla lunga asprezza, e più dal non vedere, o potersi imaginare, come queste oscure e sconosciute strade al desiderato termine condur gli possino, a men che mezo il cammino non si atterrino, ed abbandonino l’impresa. E ciò ho io tanto più frequentemente veduto accadere, quanto con più gran personaggi mi sono incontrato; come quelli che, essendo in tanti altri maneggi occupati e distratti, non possono in questi esercitar quell'assidua pazienza, che vi saria necessaria. Io dunque, scusandogli insieme col giovine Re di Siracusa, e desiderando che non restino per la difficoltà e lunghezza delle communi strade privi di cognizioni tanto a nobili Signori necessarie, mi rivolsi a tentare di aprir questa via veramente regia, la quale con l’aiuto di questo mio Compasso in pochissimi giorni insegna tutto quello, che dalla geometria e dall’aritmetica, per l’uso civile e militare, non senza lunghissimi studii per le vie ordinarie si riceve. Quello che io abbia con questa mia opera conseguito, noi dirò io, ma lo lascierò giudicare a quelli che da me sin qui l’hanno appresa o