Pagina:Le opere di Galileo Galilei II.djvu/554

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di baldessar capra. 541

l’opera nominato, sì che l’addossarmi quelle ingiurie era più presto una mia fantasia che volontà sua. Negò finalmente esser vero che il mio libro fosse da lui stato trasportato nel suo, dove molte cose diceva ritrovarsi le quali non erano nel mio, come la fabrica dello strumento e molte delle operazioni; anzi disse non aver veduto il mio libro stampato: e che perciò, essendo quanto egli diceva chiaro e manifesto, doveva esso ed il suo libro essere licenziato, e rimesso alla publica vendita.

Gli fu da me alla prima parte risposto, che la carta e la penna erano il campo e le armi de i letterati, quando si avessero a decidere differenze di lettere; ma che il giudizio tra un letterato ed uno infamatore arrogante doveva domandarsi da un foro simile a quello dove l’avevo convenuto. Alla sua seconda risposta replicai, che nel primo luogo da lui addotto non vi era specificazione alcuna per la quale costasse che ei si nominasse non autore di quest’opera, e quelle e simili altre parole potevano dal lettore esser benissimo interpretate come dette per una certa modestia: e quanto all’altro luogo da lui addotto, quello non fa punto al proposito, perchè quivi egli altro non dice se non che questo libro è frutto, benchè imperfetto, della cultura del suo prestantissimo maestro; ma tal cultura non è altro che la scienza dell’ingegno del Capra; adunque quest’opera è frutto imperfetto della scienza dell’ingegno del Capra. Essendo dunque questi modi di parlare o molto ambigui o fuori del proposito che egli di provar cercava, invitai gl’Illustrissimi ed Eccellentissimi Signori Riformatori a vedere i luoghi, ne i quali apertissimamente il Capra chiama questa opera sua, scrivendo in tutti questi luoghi, prima nella prefazione a car. 5 b, dipoi a car. 16 a, car. 28 a, a car. 38 a, car. 40 b, car. 56 anota, hoc nostrum instrumentum. Di più, produssi un luogo della dedicatoria, le parole del quale sono queste: Quare his relictis, ad propositum meum magis accedens, cum satis diu fabricam et usum huius Circini proportionis, quem non immerito totius Geometriae compendium nominavi, volutassem: dal quale il lettore altro non può cavare se non che il Capra ‘sia inventore della fabrica e dell’uso di questo Strumento, il quale ei vuole stampare; perchè, per stampare una composizione di un altro, non occorre rivolgersela per le mani assai lungo tempo, come il Capra afferma aver rivoltosi questa. Finalmente produssi quello che egli ha stampato nella lettera che ei prepone all’opera, finta che gli sia scritta

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  1. Cfr. pag. 436, 452, 470, 486, 490, 510.