Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/126

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122 discorso


aggiugnendo tanto peso, che finalmente sollevi la palla del piombo e l’estragga fuor dell’acqua; per che fare vi bisognano, v. g., 30 once di peso: riduco poi il medesimo piombo in una falda piana e sottile, la qual pongo parimente nell’acqua, sospesa con 3 fili, li quali la sostengano parallela alla superficie dell’acqua; e aggiugnendo, nello stesso modo, pesi nell’altra lance, sin che la falda venga alzata ed estratta fuori dell’acqua, mostro che once 36 non son bastanti di separarla dall’acqua e sollevarla per aria: e sopra tale esperienza fondato, affermo d’aver pienamente dimostrata la verità della mia proposizione. Si fa l’avversario innanzi e, faccendomi abbassare alquanto la testa, mi fa veder cosa della quale io non m’era prima accorto, e mi mostra che, nell’uscir che fa la falda fuor dell’acqua, ella si tira dietro un’altra falda d’acqua, la quale, avanti che si divida e separi dalla inferior superficie della falda di piombo, si eleva sopra il livello dell’altr’acqua più che una costola di coltello: torna poi a rifar l’esperienza con la palla, e mi fa veder che pochissima quantità d’acqua è quella che s’attacca alla sua figura stretta e raccolta: mi soggiugne poi, che non è maraviglia se nel separar la sottile e larghissima falda dall’acqua si senta molto maggior resistenza che nel separar la palla, poiché insieme con la falda si ha da alzar gran quantità d’acqua, il che non accade nella palla. Fammi, oltr’a ciò, avvertito, come la nostra quistione è, se la resistenza all’esser sollevato si ritrova maggiore in una spaziosa falda di piombo che in una palla, e non se più resista una falda di piombo con gran quantità d’acqua che una palla con pochissima acqua. Mostrami, in fine, che il por prima la falda e la palla in acqua, per far prova poi delle loro resistenze in aria, è fuor del caso nostro, li quali trattiamo del sollevare in aria e cose locate in aria, e non della resistenza che si fa ne’ confini dell’aria e dell’acqua e da cose che sieno parte in aria e parte in acqua; e finalmente mi fa toccar con mano, che quando la sottil falda è in aria e libera dal peso dell’acqua, con la stessa forza a capello si solleva che la palla. Io, vedute e intese queste cose, non so che altro fare se non chiamarmi persuaso, e ringraziar l’amico d’avermi fatto capace di quello di che per l’addietro non mi era accorto; e da tale accidente avvertito, dire a gli avversarii, che la nostra quistione è, se egualmente vada al fondo nell’acqua una palla e una tavola d’ebano, e non una palla d’ebano e una tavola d’ebano congiunta con un’altra