Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/224

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220 operetta intorno al galleggiare ecc.

medesimo si può dire della gravità, cioè esser generata dalla freddezza; tralasciando la disputa se la qualità degli elementi siano le forme loro, dicendo solamente clic ancora le alteratrici qualità sono principi de’ moti. Però si conclude che, volendo insegnare il Galilei ad Aristotile i principi, vada cercando di portar la luce al sole:

il quale, mentre cerca esplicare il più o ’l men grave, parve che non si curi di abbassare i termini filosofici. E, primo, per formar una spezie ricerca due cose, ugualità di mole e di gravità, che sono tra sé molto differenti, trovandosi l’una senza l’altra: come, dunque, forma un’essenza di due enti così separati? Oltre che, il più e ’l meno non mutano spezie: come, dunque, più o men grave potrà mutarla? E di poi, dà al legno la gravità assoluta; e pure è di sua natura leggiere. E nondimeno, acciò che per la varia significazione de’ termini non s’oscurino i concetti, dicasi di medesima grandezza e gravità, non di medesima grandezza, ne gravità di medesima grandezza, ma non gravità di medesima gravità, ma non grandezza.

Adduce poi le proposizioni matematiche, le quali sono: I corpi che soprannuotono, deono essere men gravi dell’acqua; e quelli che vanno al fondo, più gravi di essa. Queste proposizioni appella l’Autore vere, ma difettose: le quali veramente non sono difettose, come egli dice, per tal accidente della trave; perchè, ben che la trave fosse di mille libbre, potrà forse galleggiare sopra un’acqua di cinquanta, per essere per natura più leggiere dell’acqua mediante l’introclusa aria e la resistenza dell’acqua. E ben vero che si ricerca proporzionata quantità di acqua per sostenere la trave, quale è quella di cinquanta libbre messa in stretto vaso; sì che interverrà il medesimo alla trave come alle navi, che per mare galleggiano sostenute dall’acqua sola che circonda attorno. Al che se avesse avuto riguardo l’Autore, non si sarebbe maravigliato della trave galleggiante in acqua di minor peso, ma più tosto che poca acqua in un bicchiere sostenga un altro bicchiere carico di qualche sasso e, per questo, assai più grave. Il medesimo interviene negli altri vasi. Che si dirà adunque? forse che le cose gravi non possine acquistare il luogo loro naturalmente? non dirò io già questo; ma solo per accidente, quale è la figura. L’Autore pone l’aria, e qui è la nostra disputa; e per questo, più accidentale che essenziale, egli esclama contro la figura, e la disputa è, se l’aria tiene, vero l’acqua; perchè la medesima ragione che muove Aristotile a riguardare la figura per conto dell’acqua, la medesima poteva persuadere il Galilei a metter la figura per ragione dell’aria. Anzi nella resistenza dell’acqua esso da sé stesso discorda in più luoghi: imperocché ora dice che l’acqua resiste, ed altrove dice che non contrasta punto: basta che l’Autore niega l’invincibile resistenza dell’acqua.

Ma perchè il Signor Buonamico, conforme alla dottrina del suo maestro, insegna che ne’ moti degli elementi siano congiunte l'inclinazione con la divisione del mezzo, in che riprese Archimede che afferma, i solidi che galleggiano non