Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/70

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66 discorso


vità de i solidi tanto, quanto è il peso d’altrettanta mole del medesimo mezo, come Archimede dimostra nel primo libro Delle cose che stanno su l’acqua, qualunque volta si accrescerà per distrazion la mole del medesimo solido, più verrà dal mezo detratto della intera sua gravità, e meno quando per compressione verrà condensato e ridotto sotto minor mole.

Mi fu replicato, ciò nascere non dalla maggior leggerezza, ma dalla figura larga e piana, che, non potendo fender la resistenza dell’acqua, cagiona che egli non si sommerga. Risposi, qualunque pezzo di ghiaccio, e di qualunque figura, star sopra l’acqua; segno espresso, che l’essere piano e largo quanto si voglia, non ha parte alcuna nel suo galleggiare: e soggiunsi che argomento manifestissimo n’era il vedersi un pezzo di ghiaccio di figura larghissima, posto in fondo dell’acqua, subito ritornarsene a galla; chè, s’e’ fosse veramente più grave, e ’l suo galleggiare nascesse dalla figura impotente a fender la resistenza del mezo, ciò del tutto sarebbe impossibile. Conchiusi per tanto, la figura non esser cagione per modo alcuno di stare a galla o in fondo, ma la maggiore o minor gravità in rispetto dell’acqua; e per ciò tutti i corpi più gravi di essa, di qualunque figura si fussero, indifferentemente andavano a fondo, e i più leggieri, pur di qualunque figura, stavano indifferentemente a galla: e dubitai che quelli che sentivano in contrario si fossero indotti a credere in quella guisa dal vedere come la diversità della figura altera grandemente la velocità e tardità del moto, sì che i corpi di figura larga e sottile discendono assai più lentamente nell’acqua che quelli di figura più raccolta, faccendosi questi e quelli della medesima materia; dal che alcuno potrebbe lasciarsi indurre a credere, che la dilatazione della figura potesse ridursi a tale ampiezza, che non solo ritardasse, ma del tutto impedisse e togliesse, il più muoversi; il che io stimo esser falso. Sopra questa conclusione nel corso di molti giorni furon dette molte e molte cose, e diverse esperienze prodotte, delle quali l’A. V. alcune intese e vide; e in questo Discorso avrà tutto quello che è stato prodotto contro alla mia asserzione, e ciò che mi è venuto in mente per questo proposito e per confermazione della mia conclusione. Il che se sarà bastante per rimuover quella che io stimo sin ora falsa opinione, mi parrà d’avere non inutilmente impiegata la fatica e ’l tempo: e quando ciò non avvenga, pur debbo sperarne un altro mio utile proprio, cioè di venire in cognizion della verità, nel sentir riprovare le