Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/85

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intorno alle cose che stanno in su l’acqua ecc. 81


si può, conseguisce il centro: ma al tutto per accidente i leggieri per tale impulsione vengono ad alto, ma ciò hanno per lor natura, come anche lo stare a galla. Conclude finalmente di convenir con Archimede nelle conclusioni, ma non nelle cause, le quali egli vuol riferire alla facile o difficile divisione del mezo, e al dominio degli elementi: sì che quando il mobile supera la podestà del mezo, come, per esempio, il piombo la continuità dell’acqua, si moverà per quella; altramente, no.

Questo è quello che io ho potuto raccorre, esser prodotto contro Archimede dal Sig. Buonamico: il quale non s’è curato d’atterrare i principii e le supposizioni d’Archimede, che pure è forza che sieno falsi, se falsa è la dottrina da quelli dependente; ma s’è contentato di produrre alcuni inconvenienti e alcune repugnanze all’opinione e alla dottrina d’Aristotile. Alle quali obbiezioni rispondendo dico, prima, che l’essere semplicemente la dottrina d’Archimede discorde da quella d’Aristotile, non dovrebbe muovere alcuno ad averla per sospetta, non constando cagion veruna per la quale l’autorità di questo debba essere anteposta all’autorità di quello. Ma perché, dove s’hanno i decreti della natura, indifferentemente esposti a gli occhi dello intelletto di ciascheduno, l’autorità di questo e di quello perde ogni autorità nel persuadere, restando la podestà assoluta alla ragione; però passo a quello che vien nel secondo luogo prodotto, come assurdo conseguente alla dottrina d’Archimede, cioè che l’acqua dovesse esser più grave della terra. Ma io veramente non trovo che Archimede abbia detta tal cosa, né che ella si possa dedurre dalle sue conclusioni; e quando ciò mi fusse manifestato, credo assolutamente che io lascerei la sua dottrina, come falsissima. Forse è appoggiata questa deduzione del Buonamico sopra quello che egli soggiugne del vaso, il quale galleggia sin che sarà vòto d’acqua, ma poi, ripieno, va al fondo; e intendendo d’un vaso di terra, inferisce contro Archimede così: Tu di’ che i solidi che galleggiano, sono men gravi dell’acqua; questo vaso di terra galleggia; adunque tal vaso è men grave dell’acqua, e però la terra è men grave dell’acqua. Se tale è la illazione, io facilmente rispondo, concedendo che tal vaso sia men grave dell’acqua, e negando l’altra conseguenza, cioè che la terra sia men grave dell’acqua. Il vaso che soprannuota, occupa nell’acqua non solamente un luogo eguale alla mole della terra della quale egli