Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/86

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82 discorso


è formato, ma eguale alla terra e all’aria insieme nella sua concavità contenuta; e se una tal mole, composta di terra e d’aria, sarà men grave d’altrettanta acqua, soprannoterà, e sarà conforme alla dottrina d’Archimede: ma se poi, rimovendo l’aria, si riempierà il vaso d’acqua, sì che il solido posto nell’acqua non sia altro che terra, né occupi altro luogo che quello che dalla sola terra viene ingombrato, allora egli andrà al fondo, per esser la terra più grave dell’acqua; e ciò concorda benissimo con la mente d’Archimede. Ecco il medesimo effetto dichiarato con altra esperienza simile. Nel volere spignere al fondo una boccia di vetro mentre è ripiena d’aria, si sente grandissima renitenza, perché non è il solo vetro quello che si spigne sotto acqua, ma, insieme col vetro, una gran mole d’aria, e tale che chi prendesse tanta acqua quanta è la mole del vetro e dell’aria in esso contenuta, avrebbe un peso molto maggiore che quello della boccia e della sua aria; e però non si sommergerà senza gran violenza: ma se si metterà nell’acqua il vetro solamente, che sarà quando la boccia s’empierà d’acqua, allora il vetro discenderà al fondo, come superiore in gravità all’acqua.

Tornando, dunque, al primo proposito, dico che la terra è più grave dell’acqua, e che però un solido di terra va al fondo; ma può ben farsi un composto di terra e d’aria, il quale sia men grave d’altrettanta mole di acqua, e questo resterà a galla: e sarà l’una e l’altra esperienza molto ben concorde alla dottrina d’Archimede. Ma perché ciò mi pare che non abbia difficultà, io non voglio affermativamente dire che il Sig. Buonamico volesse da un simil discorso opporre ad Archimede l’assurdo, dello ’nferirsi dalla sua dottrina che la terra fusse men grave dell’acqua; benché io veramente non sappia immaginarmi, quale altro accidente lo possa avere indotto a ciò.

Forse tal problema (per mio creder favoloso), letto dal Sig. Buonamico in altro autore, dal quale per avventura fu attribuito per proprietà singolare a qualche acqua particolare, viene ora usato con doppio errore in confutare Archimede; poiché egli non dice tal cosa, né da chi la disse fu asserita dell’acqua del comune elemento.

Era la terza difficultà nella dottrina d’Archimede il non si poter render ragione, onde avvenga che un legno e un vaso pur di legno, che per altro galleggia, vada al fondo se si riempierà d’acqua. Ha creduto il signor Buonamico, che un vaso di legno, e di legno che