Pagina:Le opere di Galileo Galilei IX.djvu/46

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alle sfere rimanenti assegneremo le grandezze. Passiamo dunque ad investigar la grandezza d’un gigante.

Scrive il Poeta, parlando di Nembrot, primo de i giganti che lui trovasse nel pozzo:

La faccia sua mi parea lunga e grossa
Come la pina di San Piero a Roma;
Ed a sua proporzione eron l’altr’ossa.

Se dunque la faccia d’un gigante è quanto la Pina, sarà 5 braccia e 1/2, ché tanto è essa: e perché gli uomini ordinariamente sono alti otto teste, ancor che i pittori e gli scultori, e tra gli altri Alberto Durero, nel suo libro della misura umana, tenga che i corpi ben proporzionati devano esser 9 teste, ma perché di sì ben proporzionati rarissimi si trovano, porremo il gigante dovere esser alto 8 volte più che la sua testa; onde sarà un gigante in lunghezza braccia 44, ché tanto fa moltiplicato 8 per 5 1/2. Dante dunque, ciò è un uomo commune, ad un gigante ha la proporzione di 3 a 44: ma perché un uomo ad un gigante ha maggior convenienza che un gigante ad un braccio di Lucifero, se noi faremo, come 3 a 44, così 44 a un altro numero, che sarà 645, aremo, un braccio di Lucifero dovere essere più che 645 braccia. Ma lasciando quel più, che ci è incerto, riservandoci a computarlo nel fine, diciamo, un braccio di Lucifero esser braccia 645: ma perché la lunghezza di un braccio è la terza parte di tutta la altezza, sarà l’altezza di Lucifero braccia 1935, ché tanto fa moltiplicato 645 per 3. Ma perché maggiore è la convenienza tra un uomo ed un gigante che tra ’l gigante ed un braccio di Lucifero, e noi aviamo fatto questo conto quasi che tal proporzione fosse la medesima, e se la fosse sarebbe alto Lucifero braccia 1935, aggiungendoli quel più incerto che li manca, potremo ragionevolmente concludere, Lucifero devere esser alto braccia 2000; e questo se è così, sarà l’intervallo che è dall’ombelico al mezzo del petto braccia 500, però che è la quarta parte di tutto ’l corpo; e tanto sarà il semidiametro della minore sferetta. E perché non è in Dante luogo dal quale si possino cavar le grandezze dell’altre tre sfere rimanenti, giudica il Manetti, doversi ragionevolmente credere,