Pagina:Le opere di Galileo Galilei V.djvu/229

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intorno alle macchie solari ecc. 229


All’altra ragione che Apelle adduce pur in confirmazione della vera esistenza del suo quinto pianeta Gioviale, non mi permettendo la fede e l’autorità, ch’ei tiene appresso di me, ch’io metta dubbio nell’an sit, non posso dir altro se non che io non son capace, come possa accadere che una stella, veduta col telescopio di mole e splendore pari ad una della prima grandezza, possa in manco di 10 giorni e, quel che più mi confonde, senza muoversi più d’un quarto o di un ottavo di grado, anzi, per più ver dire, senza punto mutar luogo, possa, dico, diminuirsi in maniera, che anco del tutto si perda. Non so che simil portento sia mai stato veduto in cielo, fuori che le due, nominate Stelle Nuove, del 72 in Cassiopea, e del 604 nel Serpentario: e se questa fu una tal cosa, o tanto inferior di condizione quanto men lucida e più fugace, provido fu il consiglio di Apelle nel procurargli durazion e lume dall’Illustrissima casa Velsera.

Non son dunque le Gioviali, nè l’altre stelle, macchie ed ombre, nè l’ombre e macchie solari sono stelle. Ben è vero ch’io metto così poca difficoltà sopra i nomi, anzi pur so ch’è in arbitrio di ciascuno l’imporgli a modo suo, che, tuttavolta che col nome altri non credesse di conferirgli le condizioni intrinseche ed essenziali, poco caso farei del nominarle stelle: in quella guisa che stelle si dissero le sopranominate del 72 e del 604; stelle nominano i meteorologici le crinite, le cadenti e le discorrenti per aria, ed essendo in fin permesso a gli amanti ed a’ poeti chiamare stelle gli occhi delle lor donne,

                              Quando si vidde il successor d’Astolfo
                              Sopra apparir quelle ridenti stelle.

Con simile ragione potransi chiamare stelle anco le macchie solari; ma essenzialmente averanno condizioni differenti non poco dalle prime stelle: avvenga che le vere stelle ci si mostrano sempre di una sola [Paragone delle stelle vere con le macchie del Sole.] figura, ed è la regolarissima fra tutte; e le macchie, d’infinite, ed

2. esistenza di questo suo, A, B; in B di questo fu corretto da Galileo in del. — 3. auttorità, s 4. nel an sit, s — 7-8. o un ottavo, A, B — 26. Dopo stelle, in A e B si legge: e più, di un alterato dal vino o stordito da una percossa dire:

Vidde mirando in terra alcuna stella1.
  1. A questo luogo, che nel cod. B si legge alla carta numerata originariamente 57, lin. 1-2, allude Galileo nella lettera a Federico Cesi del 25 gennaio 1613, quando scrive: «Il luogo della facc. 57, lin. prima e seconda, levisi interamente».