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358 | considerazioni |
naturale. Anzi tanto è falso che egli prenda questa supposizione per satisfare alla parte de’ calcoli astronomici, che egli medesimo, quando viene a cotali calcoli, lascia questa posizione e ritorna alla vecchia, come più accommodata e facile ad essere appresa e come destrissima ancora per gli stessi computi; avvenga che, essendo per sua natura tanto il suppor l’una posizione quanto l’altra, cioè il far andar intorno la Terra o i cieli, accommodata per i calcoli particolari, nulladimeno l’aver già tanti geometri ed astronomi in tanti e tanti libri dimonstrati gli accidenti delle ascensioni rette ed oblique delle parti del zodiaco in rispetto all’equinozziale, le declinazioni delle parti dell’ecclittica, le diversità degli angoli di essa con gli orizonti obliqui e col meridiano, e mille altri particolari accidenti necessarii ad integrare la scienza astronomica, fa che l’istesso Copernico, quando viene a considerare detti accidenti de i primi moti, gli considera al modo antico, come fatti ne i cerchi figurati in cielo e mossi intorno alla Terra stabile, ben che la fermeza e stabilità sia nel cielo altissimo, detto il primo mobile, e la mobilità nella Terra: e però nel proemio del 2° libro conclude: Nemo vero miretur si adhuc ortum et occasum Solis et stellarum atqne his similia simpliciter nominaverinius, sed noverit nos consueto sermone loqui, qui possit recipi ab omnibus: semper tamen in mente tenemus quod
Qui Terra vehnmur, nobis Sol Lunaque transit,
Stellarumque vices redeunt, iterumque recedunt.
Non si revochi dunque in dubbio in modo alcuno, che il Copernico non per altra ragione nè in altra maniera prende la mobilità della Terra e stabilità del Sole, che per stabilire, in grazia del filosofo naturale, questa ipotesi della prima spezie, e, per l’opposito, quando egli viene alla parte de i computi astronomici, ritorna a prender l’ipotesi vecchia, che immagina i cerchi de i primi movimenti con i loro accidenti essere nel cielo altissimo intorno alla Terra stabile, come più facile ad esser appresa da ciascheduno per l’inveterata consuetudine. Ma che dico io? tanta è la forza del vero e l’infermità del falso, che quegli che in simil modo discorrono, per lor medesimi si scuoprono non in tutto intelligenti e versati in queste materie, tuttavolta che si sono lasciati persuadere che la seconda spezie di ipotesi sia reputata chimerica e favolosa da Tolomeo e da gli altri astronomi