Pagina:Le opere di Galileo Galilei VI.djvu/331

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"Sed videamus nunc quam verum sit experimentum ... quæ constanter adeo pernegavit Galilæus."

Entra ora il Sarsi nel copiosissimo apparato d’esperienze per confermare il suo detto e riprovare il nostro: le quali, perché furon fatte alla presenza di V. S. Illustrissima, io me ne rimetto a lei, come quello che più tosto devo aspettarne il suo giudicio che interporvi il mio. Però, se le piacerà, potrà rilegger quel che resta sino alla fine della proposizione; dov’io le anderò solamente toccando alcuni particolari sopra varie cosette così alla spezzata.

E prima, questo che il Sarsi cerca d’attribuirmi nel primo ingresso delle sue esperienze, è falsissimo, cioè ch’io abbia detto che l’acqua contenuta nel catino resti, non men che l’aria, immobile al movimento in giro di esso vaso. Non però mi meraviglio che l’abbia scritto, perché ad uno che continuamente va riferendo in sensi contrari le cose scritte e stampate da altri, si può bene ammettere ch’egli alteri quelle ch’ei dice d’aver solamente sentite dire; ma non mi par già che resti del tutto dentro a’ termini della buona creanza il pubblicar colle stampe ciò ch’altri sente dire del prossimo, e tanto più quando, o per non l’avere inteso bene o pur di propria elezzione, ei si rapporta molto diverso da quello che fu detto, come di presente accade di questo. Tocca a me, signor Sarsi, e non a voi o ad altri, lo stampar le cose mie e farle pubbliche al mondo: e perché, quando (come pur talora accade) alcuno nel corso del ragionar dicesse qualche vanità, deve esser chi subito la registri e stampi, privandolo del beneficio del tempo e del potervi pensar sopra meglio, e da per se stesso emendare il suo errore e mutare opinione, ed in somma fare a suo talento del suo cervello e della sua penna? Quello che può aver sentito dire il Sarsi, ma, per quanto veggo, non ben capito, è certa esperienza ch’io mostrai ad alcuni letterati costì in Roma, e forse fu in camera di V. S. Illustrissima stessa, parte in dichiarazione e parte in confutazione d’un terzo moto attribuito dal Copernico alla Terra. Pareva a molti cosa molto improbabile, e che perturbasse tutto il sistema Copernicano, il terzo moto annuo ch’egli assegna al globo terrestre intorno al proprio centro, al contrario di tutti gli altri movimenti celesti, i quali col figurarsi