Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/170

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162 dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.

bisogna con violenza rigettarle in alto, acciò tornino a cader la seconda: e quanto a gli impedimenti, questi gli tolgono solamente l’arrivare al centro; chè quando ci fosse un pozzo che passasse oltre al centro, non però una zolla di terra si moverebbe oltre a quello, se non in quanto traportata dall’impeto lo trapassasse, per ritornarvi poi e finalmente fermarvisi. Quanto dunque al poter sostenere che il movimento per linea retta convenga o possa convenir naturalmente nè alla Terra nè ad altro mobile, mentre l’universo resti nel suo ordine perfetto, toglietevene pur giù del tutto, e fate pur forza (se voi non le volete concedere il moto circolare) di mantenerle e difenderle l’immobilità.

Simp. Quanto all’immobilità, gli argomenti di Aristotile, e più gli altri prodotti da voi, mi par che la concludano necessariamente sin ora, e gran cose ci vorranno, per mio giudizio, a confutargli.

Salv. Venghiamo dunque al secondo argomento: che era che quei corpi de i quali noi siam sicuri che circolarmente si muovono, hanno più d’un moto, trattone il primo mobile; e però quando la Terra si movesse circolarmente, dovrebbe muoversi di due moti, dal che ne seguirebbe mutazione circa gli orti e gli occasi delle stelle fisse; il che non si vede seguire; adunque etc. La risposta [Risposta al secondo argomento.]semplicissima e propriissima a questa instanza è nell’argomento stesso, ed Aristotile medesimo ce la mette in bocca, e non può essere che voi, signor Simplicio, non l’abbiate veduta.

Simp. Né l’ho veduta, nè ancor la veggo.

Salv. Non può essere, perchè ella vi è troppo chiara.

Simp. Io voglio, con vostra licenza, dare un’occhiata al testo.

Sagr. Faremo portare il testo adesso adesso.

Simp. Io lo porto sempre in tasca. Eccolo qui; e so per appunto il luogo, che è nel secondo del Cielo, al cap. 141. Eccolo: testo 97: Praeterea, omnia quae feruntur latione circulari, subdeficere videntur, ac moveri pluribus una latione, praeter primam sphaeram; quare et Terram necessarium est, sive circa medium sive in medio posita feratur, duabus moveri lationibus: si autem hoc acciderit, necessarium est fieri mutationes ac conversiones fixorum astrorum: hoc autem non videtur fieri; sed semper

  1. L’edizione originale ha al cap. 6; ma nell’esemplare posseduto dalla Biblioteca del Seminario di Padova il 6 è corretto in 14, non è ben certo se di mano di Galileo. E il testo citato è appunto nel lib. II, cap. 14, del De coelo di Aristotile.