Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/257

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giornata seconda 249


Sagr. Voi mi fate fuggir la voglia d’intender più oltre de i nostri cominciati discorsi, e solo sentire alcuna delle dimostrazioni che mi accennate; però, o ditemele al presente, o almeno datemi ferma parola di farne meco una particolare sessione, ed anco presente il signor Simplicio, se avrà gusto di sentire le passioni ed accidenti del primario effetto della natura.

Simp. Averollo indubitatamente, ancorchè, per quanto appartiene al filosofo naturale, io non credo che il descendere a certe minute particolarità sia necessario, bastando una general cognizione della definizion del moto e della distinzione di naturale e violento, equabile e accelerato, e simili; chè quando questo non fusse bastato, io non credo che Aristotile avesse pretermesso di insegnarci tutto quello che fusse mancato.

Salv. Può essere. Ma non perdiamo più tempo in questo, ch’io prometto spenderci una meza giornata appartatamente per vostra sodisfazione, anzi pur ora mi sovviene avervi un’altra volta promesso di darvi questa medesima sodisfazione. E tornando al nostro cominciato calcolo del tempo nel quale il grave cadente verrebbe dal concavo della Luna sino al centro della Terra, per proceder non arbitrariamente e a caso, ma con metodo concludentissimo, cercheremo prima di assicurarci, con l’esperienza più volte replicata, in quanto tempo una palla, verbigrazia, di ferro venga in Terra dall’altezza di cento braccia.

Sagr. Pigliando però una palla di un tal determinato peso, e quella stessa sopra la quale noi vogliamo far il computo del tempo della scesa dalla Luna.

Salv. Questo non importa niente, perchè palle di una, di dieci, di cento, di mille libbre, tutte misureranno le medesime cento braccia nell’istesso tempo.

Simp. Oh questo non cred’io, nè meno lo crede Aristotile, che scrive che le velocità de i gravi descendenti hanno tra di loro la medesima proporzione delle loro gravità.

Salv. [Errore d'Aristotile nell'affermare i gravi cadenti muoversi secondo la proporzione della gravità loro.]Come voi, signor Simplicio, volete ammetter cotesto per vero, bisogna che voi crediate ancora, che lasciate nell’istesso momento cader due palle della medesima materia, una di cento libbre e l’altra d’una, dall’altezza di cento braccia, la grande arrivi in Terra prima che la minore sia scesa un sol braccio: ora accomodate, se voi po-