Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/53

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giornata prima 45

nevolmente dire che la natura, per conferire in un mobile, prima costituito in quiete, una determinata velocità, si serva del [Natura per indur nel mobile qualche gradi di velocità lo fa muover di moto retto.]farlo muover, per alcun tempo e per qualche spazio, di moto retto. Stante questo discorso, figuriamoci aver Iddio creato il corpo, v.g., di Giove, al quale abbia determinato di voler conferire una tal velocità, la quale egli poi debba conservar perpetuamente uniforme: potremo con Platone dire che gli desse di muoversi da principio di moto retto ed accelerato, e che poi, giunto a quel tal grado di velocità, convertisse il suo moto retto in circolare, del quale poi la velocità naturalmente [Velocità uniforme conviene al moto circolare. credo]convien esser uniforme.

Sagr. Io sento con gran gusto questo discorso, e maggiore credo che sarà doppo che mi abbiate rimossa una difficultà: la quale è, che io non resto ben capace come di necessità convenga che un mobile, partendosi dalla quiete ed entrando in un moto al quale egli abbia inclinazion naturale, passi per tutti i gradi di tardità precedenti, che sono tra qualsivoglia segnato grado di velocità e lo stato di quiete, li quali gradi sono infiniti; [Tra la quiete e qualsisia grado di velocità mediano infiniti gradi di velocità minori.]sì che non abbia potuto la natura contribuire al corpo di Giove, subito creato, il suo moto circolare, con tale e tanta velocità.

Salv. Io non ho detto, [Natura non conferisce immediatamente un determinato grado di velocità, se ben potrebbe.]nè ardirei di dire, che alla natura e a Dio fusse impossibile il conferir quella velocità, che voi dite, immediatamente; ma dirò bene che de facto la natura non lo fa; talchè il farlo verrebbe ad esser operazione fuora del corso naturale e però miracolosa1.

Sagr. Adunque voi credete che un sasso, partendosi dalla quiete, ed entrando nel suo moto naturale verso il centro della Terra, passi

  1. Nell’esemplare dell’edizione originaie posseduto dalla Biblioteca del Seminario di Padova (intorno al qual esemplare veggasi l’Avvertimento), e precisamente sul margine inferiore della pag. 13, la quale termina con le parole «e però miracolosa», si legge, scritto di mano di Galileo, quanto appresso:
      «Muovasi con qual si voglia velocità qual si sia poderosissimo mobile, ed incontri qual si voglia corpo costituito in quiete, ben che debolissimo e di minima resistenza; quel mobile, incontrandolo, già 30 mai non gli conferirà immediatamente la sua velocità: segno evidente di che ne è il sentirsi il suono della percossa, il quale non si sentirebbe, o per dir meglio non sarebbe, se il corpo che stava in quiete ricevesse, nell’arrivo del mobile, la medesima velocità di quello.»