Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/616

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608 esercitazioni filosofiche

10. Il primo fonte dal qual si cava, secondo la dottrina di Aristotile, la contrarietà de gli elementi, è la contrarietà de’ moti loro in su, in giù; adunque è forza che contrarii sieno parimente tra di loro quei principi da i quali pendono tali movimenti; e perchè quello è mobile in su per la leggerezza, e questo in giù per la gravità, è necessario che leggerezza e gravità siano tra di loro contrarie. E la leggerezza e gravità vengono dalla rarità e densità: nel cielo si trova raro e denso, anzi le stelle son chiamate parti più dense del suo cielo e perciò sono opache: dunque in cielo è contrarietà, e per conseguente i corpi celesti sono generabili e corruttibili. Risponde Simplicio, che non dipendendo questa rarità e densità da caldo e freddo nel cielo, non sono causa di questi moti, nè sono io vere contrarietà, ma opposizioni relative (che sono delle minori fra tutte l’opposizioni), cioè di poco e di molto, che non hanno che fare con la generazione e corruzzione. A cui voi soggiungete, che Aristotile ci ha ingannati, e che dovea aggiunger che al moto in su ed in giù non basta aver per principio il raro e denso, ma ci vuole anco il caldo ed il freddo da cui dipendano, e che questo caldo e freddo non ha che far niente con il moversi su e giù, ma che basti il raro e denso, già che un ferro infocato ha il medesimo peso che freddo.

11. Dopo ritornate di novo a voler dar bando dalla natura al moto retto, per dar, coll’uniformità del moto circolare, egualità a gli elementi ed al cielo; per il che fare portate di novo in campo quelle istesse ragioni quasi ad unguem, ma nel senso totalmente l’istesse, che poco avanti apportaste, ed io ho compendiosamente recitate ed esaminate nella precedente Esercitazione: cioè, che per mantenimento dell’ordine dell’universo, quanto alla local situazione, non ci sia altro che il moto circolare; che il moto per linea retta serva solo a condur i corpi al suo luogo e qualche particella di quelli, quando ne fusse separata; che il globo terrestre, si deve mover in cerchio, in retto, over esser immobile: in retto, è impossibile, essendo nel suo luogo; l’esser immobile ripugna al chiamarsi naturale, ed Aristotile dovrebbe aver detto che fra i corpi altri sono mobili, altri immobili; dunque deve moversi circolarmente, e solo le particelle rimosse dal suo luogo si movano in retto: e questo basta a l’esser mobile di moto retto, nel modo che si dice generabile, e pure a pena qualche particella di essa si genera, e così corruttibile per alcuna delle sue picciole parti; e perciò questa contrarietà di moti si dia alle parti, ed al tutto si dia il moto circolare una perpetua consistenza nel suo luogo: quel che si dice della terra, si dica con simil ragion dell’aria e del fuoco, e non assignargli moto del qual mai si son mossi, e quel che sempre gli conviene (che è il circolare) chiamarlo preternaturale, scordandosi di quel che ha detto l’istesso Aristotile, che nessun violento può durar longo tempo.

12. Per epilogo, volete che si faccia comparazione del discorso d’Aristotile col vostro, qual sia più probabile, cioè quello d’Aristotile, che con la diversità