Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/665

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di antonio rocco. 657


se si faccia comparazione di un moto solo, non discendendo alla varietà di molti o diversi. E chi non sa che così bene si vedrebbono tutte le parti di una ruota se ella si raggirasse intorno a chi la vuol vedere, come so egli si volgesse attorno di essa? come anco per l’uniformità del moto, e per l’acquisto ad unguem de gli medesimi siti senza alcuna minima variazione o irregolarità o difformità, è forse impossibile distinguere se il moto sia di questa o di quello. Ma per questo effetto dire, il moto non esser moto se non in rispetto, non è al proposito. Le dottrine che mancano di verità, di distinzione e di ordine, mancano di esser dottrine.

4. Dall’aver fatto conoscere che il supposito non è buono, non è buono, casca per se stesso tutto il vostro primo discorso; poscia che non poniamo il moto del cielo e la quiete della Terra per quel puro rispetto che voi dite, nè per la semplice apparizion di siti, orizonti o de gli aspetti etc., che sarebbono (come ho pur anco detto) i medesimi col moto tanto del cielo quanto della Terra., ma perchè l’operazioni maggiori ed universali convengono alle cagioni ed a i corpi più nobili: sì che se la Terra avesse ella il moto ed il cielo si stesse immobile, ella sarebbe più operatrice e più nobile di quello, già che noi non abbiam altra via più spedita e sicura di conoscer la differenza delle cose, che quella delle operazioni, delle quali tutte principalissima fra le naturali è il moto: onde la Terra (che pur chiamate, nel primo vostro Dialogo, sentina d’immondizie. feccia del mondopostille 1) sarebbe il primo mobile, operatrice somma, indefessa, primo instromento del Divino Architetto, e dovrebbe per conseguente esser la sua sede regale, non stanza di animali miserabili ed immondi. Ha dato per tanto il moto rapidissimo al primo mobile, perchè conveniva alla nobiltà della sua natura, e l’ha tolto alla Terra, perchè n’era incapace; onde, transferendolo voi da quello a questa, fate come chi togliesse la ragionevolezza all’uomo e l’attribuisse ad un verme. Ed in questa maniera la natura opera conforme alle sue leggi eterne e giustissime; nè è molto nè poco, nè eccessivo o mancante, quel che a misura dà ella a ciascuno, conforme alla sua abitudine, pur da lei medesimamente, come per base del retto, concessagli.

5. Quello poi che voi nella seconda continuazione adducete per inconveniente, è congruenza, necessità grande ed opportuna a i misteri, a i fini diversi, della natura. Dal primo mobile, come da prima, corporea cagione, è ragionevole che nelli altri inferiori corpi si diffondano i beneficii e le grazie di esso: già la sua primità non deve esser oziosa, di ordine puro, a stampa, ma di dipendenza e di azzioni, e le cause essenzialmente ordinate hanno anco connessi gli effetti, specialmente l’inferiori con le più degne, senza lo quali non possono operare.

  1. chiamola per detto di altri, e non per mio: anzi quando parlo di mio pensiero, l’antepongo all’oro ed alle gemme.