Pagina:Le opere di Galileo Galilei VIII.djvu/290

Da Wikisource.

dalla positura del corpo che riceve la percossa: la qual positura se sarà tale che ’l moto del percuziente la vadia a investire ad angoli retti, l’impeto del colpo sarà il massimo; ma se ’l moto verrà obbliquamente e, come diciamo noi, a scancìo, il colpo sarà più debole, e più e più secondo la maggiore obbliquità; perché in oggetto in tal modo situato, ancor che di materia sodissima, non si spegne e ferma tutto l’impeto e moto del percuziente, il quale, sfuggendo, passa oltre, continuando almeno in qualche parte a muoversi sopra la superficie del resistente opposto. Quando dunque si è di sopra determinato della grandezza dell’impeto del proietto nell’estremità della linea parabolica, si deve intendere della percossa ricevuta sopra una linea ad angoli retti ad essa parabolica o vero alla tangente la parabola nel detto punto; perché, se ben quel moto è composto d’un orizontale e d’un perpendicolare, l’impeto né sopra l’orizontale né sopra ’l piano eretto all’orizonte è il massimo, venendo sopra amendue ricevuto obbliquamente.

SAGR. Il ricordar V. S. questi colpi e queste percosse mi ha risvegliato nella mente un problema o vogliam dire questione mecanica, della quale non ho trovato appresso autore alcuno la soluzione, né cosa che mi scemi la maraviglia o al meno in parte mi quieti l’intelletto. E ’l dubbio e lo stupor mio consiste nel non restar capace onde possa derivare, e da qual principio possa dependere, l’energia e la forza immensa che si vede consistere nella percossa, mentre col semplice colpo d’un martello, che non abbia peso maggiore di 8 o 10 libre, veggiamo superarsi resistenze tali, le quali non cederanno al peso d’un grave che, senza percossa, vi faccia impeto, solamente calcando e premendo, benché la gravità di quello passi molte centinaia di libre. Io vorrei pur trovar modo di misurar la forza di questa percossa; la quale non penso però che sia infinita, anzi stimo che ella abbia il suo termine da potersi pareggiare e finalmente regolare con altre forze di gravità prementi, o di leve o di viti o di altri strumenti mecanici, de i quali io a sodisfazione resto capace della multiplicazione della forza loro.

SALV. V. S. non è solo, nella maraviglia dell’effetto e nella oscurità della cagione di così stupendo accidente. Io vi pensai per alcun tempo in vano, accrescendo sempre la confusione, sin che finalmente, incontrandomi nel nostro Academico, da esso ricevei doppia consolazione: