Pagina:Le poesie di Catullo.djvu/116

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116 Le poesie di Catullo

     Quando ancora l’eroe d’ostia veruna
     Non avea sparso il sangue, e alcun dei numi
     Fatto propizio ai maritali alberghi.
     Deh, a me, Ramnusia vergine, non piaccia
     95Dar mai principio ad alcun opra, a caso,
     Senza l’auspicio degli Dei! Ben quanto
     Bramin di sangue pio l’are digiune,
     Laodamia il seppe, al cui tenace amplesso
     Fu divelto anzi tempo il collo amato
     100Del novello marito. E non avea,
     Misera, ancor di due verni sapute
     Le lunghe notti, e saziato ancora
     L’avido amor, sì che tradur potesse
     Nell’improvvisa vedovanza i giorni!
     105Ma le Parche sapean, ch’egli dovea
     Già non guari perir, se d’armi cinto
     Andasse ad oppugnar d’Ilio le mura;
     Però che alla fatale Ilio in quei giorni
     Correa per la rapita Elena quanto
     110Fior di senno e di forza avean gli Argivi.
     O fatale e nefanda Ilio, sepolcro
     D’Asia insieme e d’Europa, Ilio funesta
     Che tanti fra le tue ceneri chiudi
     Incliti fatti e gloriosi eroi,
     115Tu desti al mio fratel misera fine
     Al dolce fratel mio tolto al mio core,
     O fratello infelice, o lieto raggio
     Rapito a noi! Con te giace sepolta