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Pagina:Le poesie di Catullo.djvu/118

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118 Le poesie di Catullo

     Indi, perchè de’ numi il popol cresca,
     E vergine perpetua Ebe non viva,
     Del ciel si schiuse al vincitor la soglia.
     150Ma di baratro tal ben più profondo
     Fu l’amor, ch’alla tua cervice indoma
     Il duro giogo a tollerare apprese.
     Nè tanto caro a genitor cadente
     È d’un tardo nipote il piccioletto
     155Capo, cui gli educò l’unica figlia,
     E del diffuso patrimonio avito
     Tosto ei segna e destina unico erede,
     Disperdendo così l’empie speranze
     Del deriso gentil, che alla canuta
     160Testa, avvoltojo insidioso, rota;
     Nè colomba giammai lieta fu tanto
     Del suo niveo compagno, a cui sul rostro
     Che la morseggia avida figge i baci
     Con maggior voluttà che donna alcuna,
     165Chè donna per natura è mobil sempre;
     Quanto al tuo cor, fida Laodamia, il biondo
     Sposo fu caro, a cui l’amor ti aggiunse.
     Così la luce mia, la mia fanciulla,
     Che poco o nulla è a te di ceder degna,
     170S’abbandonò tra le mie braccia. Amore
     Tutt’alba il volto, e tutto oro le vesti
     Le danzava dintorno alla persona
     Splendidissimamente. E ben che paga
     Del sol Catullo essa non viva, io soffro