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Pagina:Le poesie religiose.djvu/141

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NELLA FORESTA 135


Sollevò Rama al caro nome le ciglia, e al dio
     Girato intorno da man destra: “O santo
Deva dall’arco d’oro, solo a cui cede il mio,
     40Rispose, il tuo parlar muove il mio pianto.

È mia la Mitilese da’ bei lombi, la pia
     Da’ miti occhi d’antilope, la brama
Splendida dei miei giorni, delle mie notti è mia,
     44Dorme sul petto mio, mi bacia e m’ama.

Ahi, ma non pria fra queste mie braccia avide strinsi
     Quella beltà, ch’io più del cielo ambiva,
Non più tale mi apparve, quale in sogno la finsi,
     48Quando prima ad amor l’anima apriva.

O mutata ella sia per maligno portento,
     O mutato il mio cor, cadute appieno,
Come fiori d’asòca agitato dal vento,
     52Son le speranze, ond’esultò il mio seno.

Deh, s’or che tutta ascesi la gloria, a me si nega
     Quel sogno, onde già fui simile a un dio,
Scocca, o nume pietoso, un tuo dardo, e dislega
     56Entro a’ cinque elementi il corpo mio!„

S’ottenebrò il custode nume, e con guardo fosco
     S’eresse all’aria come nube. Oppresso
Da un improvviso nembo scroscia il profondo bosco,
     60Mentre il cor dell’eroe geme sommesso.