Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/106

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P A R T E. 23

     Ed a cui mai di vero pregio calse,
     35Dal Pireneo all’ultimo orizzonte,
     Con Aragon lasserà vota Ispagna:
     Inghilterra, con l’isole che bagna
     L’Occeano intra ’l Carro et le Colonne,
     Infin là dove sona
     40Dottrina del santissimo Elicona,
     Varie di lingue, e d’arme, e delle gonne
     All’alta impresa caritate sprona.
     Deh qual’amor sì licito, o sì degno,
     Qua’ figli mai, quai donne
     45Furon materia a sì giusto disdegno?
Una parte del mondo è che si giace
     Mai sempre in ghiaccio, ed in gelate nevi
     Tutta lontana dal cammin del Sole:
     Là, sotto i giorni nubilosi, e brevi,
     50Nemica naturalmente di pace,
     Nasce una gente, a cui il morir non dole.
     Questa se, più devota che non sole,
     Col Tedesco furor la spada cigne,
     Turchi, Arabi, e Caldei,
     55Con tutti quei che speran negli dei
     Di quà dal mar che fa l’onde sanguigne,
     Quanto sian da prezzar, conoscer dei:
     Popolo ignudo, paventoso e lento;
     Che ferro mai non strigne,
     60Ma tutti colpi suoi commette al vento.
Dunque ora è ’l tempo da ritrarre il collo
     Dal giogo antico, e da squarciar il velo
     Ch’è stato avvolto intorno agli occhi nostri;
     E che ’l nobile ingegno che dal cielo
     65Per grazia tien’ de l’immortale Apollo,
     E l’eloquenzia sua vertù qui mostri
     Or con la lingua, or con laudati inchiostri:
     Perchè d’Orfeo leggendo, e d’Anfione,
     Se non ti maravigli;

Assai