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P A R T E. | 51 |
SONETTO XLVII.
E la stagione, e ’l tempo, e l’ore, e ’l punto,
E ’l bel paese, e ’l loco ov’io fui giunto
4Da’ duo begli occhi, che legato m’hanno;
E benedetto il primo dolce affanno
Ch’i’ebbi ad esser con Amor congiunto;
E l’arco, e le saette ond’i’ fui punto;
8E le piaghe che ’nfin al cor mi vanno.
Benedette le voci tante ch’io
Chiamando il nome de mia donna ho sparte,
11E i sospiri, e le lagrime, e ’l desio;
E benedette sian tutte le carte
Ov’io fama l’acquisto: e ’l pensier mio,
14Ch’è sol di lei, sicch’altra non v’ha parte.
SONETTO XLVIII.
Dopo le notti vaneggiando spese,
Con quel fero desio ch’al cor s’accese,
4Mirando gli atti per mio mal sì adorni;
Piacciati omai col tuo lume ch’io torni
Ad altra vita, ed a più belle imprese;
Sì, ch’avendo le reti indarno tese,
8Il mio duro avversario se ne scorni.
Or volge, Signor mio, l’undecim'anno
Ch’i’ fui sommesso al dispietato giogo;
11Che sopra i più soggetti è più feroce.
Miserere del mio non degno affanno:
Reduci i pensier’ vaghi a miglior luogo:
14Ramenta lor, come oggi fosti in Croce.