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Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/216

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P A R T E. 133

SONETTO CXXXV.


A
Mor mi manda quel dolce pensiero

     Che secretario antico è fra noi due;
     E mi conforta, e dice che non fue
     4Mai, com'or, presto a quel ch’io bramo, e spero.
Io, che talor menzogna, e talor vero
     Ho ritrovato le parole sue;
     Non so s’il creda; e vivomi intra due:
     8Nè sì, nè nò nel cor mi sona intero.
In questa passa ’l tempo; e nello specchio
     Mi veggio andar ver la stagion contraria
     11A sua impromessa, e alla mia speranza.
Or sia che può: già sol'io non invecchio:
     Già per etate il mio desir non varia;
     14Ben temo il viver breve che n’avanza.



SONETTO CXXXVI.


P
Ien d’un vago penser che mi desvia

     Da tutti gli altri, e fammi al mondo ir solo,
     Ad or' ad or' a me stesso m’involo
     4Pur lei cercando, che fuggir devria:
E veggiola passar sì dolce, e ria,
     Che l’alma trema per levarsi a volo;
     Tal d’armati sospir conduce stuolo
     8Questa bella d’Amor nemica, e mia.
Ben, s’io non erro, di pietate un raggio
     Scorgo fra ’l nubiloso altero ciglio;
     11Che ’n parte rasserena il cor doglioso:
Allor raccolgo l’alma; e poi ch’i’ aggio
     Di scovrirle il mio mal preso consiglio,
     14Tanto le ho a dir, che incominciar non oso.