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CANZONE XXXVIII.
Al tempo novo suol mover’i fiori,
E gli augelletti incominciar lor versi;
Sì dolcemente i pensier dentro all’alma
5Mover mi sento a chi gli ha tutti in forza,
Che ritornar convemmi alle mie note.
Temprar potess’io in sì soavi note
I miei sospiri, ch’addolcissen Laura,
Faccendo a lei ragion, ch’a me fa forza:
10Ma pria fia ’l verno la stagion de’ fiori,
Ch’amor fiorisca in quella nobil’alma,
Che non curò giammai rime, nè versi.
Quante lagrime, lasso, e quanti versi
Ho già sparti al mio tempo! e ’n quante note
15Ho riprovato umiliar quell’alma!
Ella si sta pur, com’aspr’alpe all’aura
Dolce: la qual ben move frondi, e fiori,
Ma nulla può se ’ncontr’ha maggior forza.
Uomini, e dei solea vincer per forza
20Amor, come si legge in prosa, e ’n versi;
Ed io ’l provai in sul primo aprir de’ fiori:
Ora nè ’l mio Signor, nè le sue note,
Nè ’l pianger mio, nè i preghi pon far Laura
Trarre o di vita, o di martìr quest’alma.
25All’ultimo bisogno, o miser’alma,
Accampa ogni tuo ingegno, ogni tua forza,
Mentre fra noi di vita alberga l’aura.
Null’al mondo è che non possano i versi:
E gli aspidi incantar sanno in lor note,
30Non che ’l gielo adornar di novi fiori.
Ridon’or per le piagge erbette, e fiori:
Esser non può che quell’angelic’alma
Non senta ’l suon de l’amorose note.