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SONETTO CCVII.


D
Ue rose fresche, e colte in paradiso

     L’altr'ier nascendo il dì primo di Maggio,
     Bel dono, e d’un amante antiquo, et saggio,
     4Tra duo minori egualmente diviso:
Con sì dolce parlar', e con un riso
     Da far innamorar un'uom selvaggio,
     Di sfavillante, et amoroso raggio
     8E l’uno, e l’altro fe’ cangiare il viso.
Non vede un simil par d’amanti il Sole
     Dicea ridendo, e sospirando insieme;
     11E stringendo ambedue, volgeasi attorno.
Così partia le rose, e le parole,
     Onde ’l cor lasso ancor s’allegra, e teme.
     14O felice eloquenza! o lieto giorno!



SONETTO CCVIII.


L’
aura che ’l verde Lauro, e l’aureo crine

     Soavemente sospirando move;
     Fa con sue viste leggiadrette, e nove
     4L’anime da’ lor corpi pellegrine.
Candida rosa nata in dure spine!
     Quando fia chi sua pari al mondo trove?
     Gloria di nostra etate! O vivo Giove,
     8Manda prego il mio in prima che ’l suo fine;
Sicch’io non veggia il gran pubblico danno,
     E ’l mondo remaner senza ’l suo Sole:
     11Nè gli occhi miei, che luce altra non hanno;
Nè l’alma, che pensar d’altro non vole;
     Nè l’orecchie, ch’udir altro non sanno
     14Senza l’oneste sue dolci parole.