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P A R T E . | 179 |
SONETTO CCIX.
Ch’i’ adoro in terra, errante sia ’l mio stile,
Faccendo lei sovr’ogni altra gentile,
4Santa, saggia, leggiadra, onesta e bella:
A me par’il contrario; e temo ch’ella
Non abbia a schifo il mio dir troppo umìle,
Degna d’assai più alto, e più sottile;
8E chi nol crede, venga egli a vedella.
Sì dirà ben; Quello ove questi aspira,
È cosa da stancare Atene, Arpino,
11Mantova, e Smirna, e l’una e l’altra Lira.
Lingua mortale al suo stato divino
Giunger non pote: Amor la spinge, e tira
14Non per elezion, ma per destino.
SONETTO CCX.
E ’l Ciel tra noi; venga a mirar costei;
Ch’è sola un Sol, non pur’agli occhi miei,
4M’al mondo cieco, che vertù non cura:
E venga tosto; perchè Morte fura
Prima i migliori, e lascia star i rei:
Questa aspettata al regno degli dei
8Cosa bella mortal passa, e non dura.
Vedrà, s’arriva a tempo, ogni virtute,
Ogni bellezza, ogni real costume
11Giunti in un corpo con mirabil tempre.
Allor dirà, che mie rime son mute,
L’ingegno offeso dal soverchio lume:
14Ma se più tarda, avrà da pianger sempre.